What’s New | Finiture per il benessere indoor

Rinnovare le superfici nel rispetto della salubrità dell’ambiente

(Foto Ideal Work)

Pitture e smalti, carte da parati, marmi e pietre, composti resinosi cementizi atti a creare superfici continue, grès porcellanato ed essenze legnose. Tanti sono i materiali che possono essere utilizzati per le finiture interne, e tutti, secondo le caratteristiche proprie, stanno subendo evoluzioni sia nella resa estetica sia nell’impatto ambientale.

Dal processo produttivo che libera inquinanti in atmosfera, alla posa, all’utilizzo quotidiano, ogni soluzione può essere declinata secondo le principali normative e indicazioni per garantire il benessere indoor.

(Foto Graniti Fiandre)

Pitture e smalti 

Se la scelta del colore, della texture e delle eventuali decorazioni o è in base al gusto, per quella del tipo di pittura è importante orientandosi su prodotti ecosostenibili, pensati nel rispetto dell’ambiente, che assicurino la salubrità dell’aria.

Per la tinteggiatura degli interni vengono normalmente utilizzate le “idropitture”: dispersioni acquose di un legante (che può essere di tipo vinilico, acrilico, stirolo- acrilico ecc.) con aggiunta di biossido di titanio, diversi pigmenti, cariche e additivi e modificatori di reologia (le qualità di viscosità e applicabilità). Le idropitture sono formulate con caratteristiche diversificate quanto a copertura, traspirabilità e di resistenza al lavaggio. Inoltre, in funzione della loro composizione, si trovano prodotti con un aspetto variamente satinato o lucido. L’utilizzo di additivi speciali permette di ottenere composti con caratteristiche particolari come quelle antimuffa, anticondensa o con proprietà termoisolanti. Infine, la ricerca in campo chimico ha permesso, in questi ultimi anni, di mettere a punto idropitture igienizzanti e ipoallergeniche (anche dermatologicamente testate) che hanno particolari proprietà come quelle antibatteriche, di abbattimento della formaldeide presente all’interno degli ambienti o di produrre un effetto fotocatalitico ossidante in grado di decomporre le sostanze organiche che vengono a contatto con la superficie.

Alternativa a questa tipologia di tinteggiatura sono gli smalti, la cui elevata resistenza all’umidità li rende adatti per il trattamento di ambienti umidi.

Le idropitture, così come gli smalti, possono essere stesi su qualsiasi tipo di superficie, dall’intonaco ai mattoni, alle finiture a gesso, alle superfici in legno e in ceramica.

(Foto Litokol)

Superfici continue 

Quando si parla di finitura continua, si intende genericamente qualsiasi rivestimento orizzontale o verticale privo di fughe, si tratti di resine o composti cementizi, vinilici, laminati o moquette. Con spessori variabili (pur rimanendo sempre al di sotto dei 10 mm) e declinazioni estetiche praticamente infinite stanno assumendo sempre più importanza. Molteplici i vantaggi, soprattutto in caso di una ristrutturazione. Il primo è sicuramente la possibilità di rinnovare la pavimentazione o le pareti senza rimuovere quelli esistenti; aspetto da non sottovalutare che riduce sensibilmente i costi e i tempi del cantiere. Inoltre, dato lo spessore ridotto delle soluzioni, non è spesso necessario intervenire sulle porte interne e sulle soglie di passaggio fra interno ed esterno. La completa assenza di fughe e di qualsiasi connessione fra elementi visibile è il secondo.

Una superficie continua e senza interruzioni, oltre all’aspetto estetico pulito e ordinato, assicura anche igiene, una facile pulizia e una ridotta manutenzione nel tempo.

La resina e il cemento 

Numerosa la possibilità di basi resinose, formulazioni, aggregati e additivi per la creazione di superfici resino-cementizie nuvolate e spatolate, autolivellanti monocromatiche o con materiali diversi inglobanti, fino ai pavimenti in marmo/resina.

La resina per propria natura non è soggetta alla formazione di crepe, a meno che, per particolari condizioni dell’edificio, dovessero venirsi a creare assestamenti della struttura in grado di generare fessure. La capacità di sopportare carichi molto elevati e la caratteristica di non macchiarsi per assorbimento si sommano però a una resistenza ai graffi variabile secondo il materiale utilizzato e la finitura scelta: una resina materica tende a essere più resistente rispetto a una resina liscia e dal colore uniforme. Inoltre, le zone più calpestate, come le pedate delle scale o la zona di ingresso, tendono a invecchiare prima rispetto ad altre.

Al di là della finitura superficiale, tutti i pavimenti sono caratterizzati dalla stesura di uno spessore fluido di pochi millimetri, 2 fino a un massimo di 5 mm. La loro composizione può variare molto e, visto che un pavimento ha una superficie rilevante e la sua natura può influire molto sulla qualità dell’aria negli ambienti chiusi, vale la pena indirizzare la scelta su prodotti formulati con sostanze naturali ed eco-compatibili. La posa è realizzata in opera dal posatore e la tempistica dipende dalla lavorazione richiesta.

Carta da parati e pannelli a parete 

Scenografie componibili, personalizzate nel soggetto e in rapporto alla specifica superficie di posa (con disegni studiati per essere applicati su piani differenti). Grazie alla tecnologia digitale la carta da parati amplia sia la gamma di soggetti raffigurabili sia le possibili superfici di posa. Decorazioni ed effetti prospettici rimangono più o meno evidenziati, minimizzando rientranze o, al contrario, enfatizzando profondità già esistenti. Il disegno diventa tridimensionale: non più semplicemente una raffigurazione piana che “disegna la profondità”, ma pannelli applicati su superfici diverse che, nell’insieme, modificano le prospettive dell’ambiente secondo il punto di osservazione. Anche i supporti sono stati modificati. Pur continuando a esistere le carte da parati classiche, sono molto diffuse quelle a base di resine viniliche, quasi sempre lavabili, e quelle in fibra di vetro, resistente all’umidità e perciò in grado di abbattere un limite che caratterizzava la maggior parte dei parati. Su quest’ultima base, poi, sono state applicate nuove tecnologie che assegnano ai rivestimenti anche ruoli funzionali specifici, dalla fonoassorbenza alla completa impermeabilità fino al consolidamento strutturale.

E, a proposito di fono assorbimento, i pannelli acustici da parete hanno raggiunto elevate performance funzionali, ma anche estetiche, tanto da divenire essi stessi elementi di arredo. Possono essere inseriti in qualsiasi ambiente, non solo, ad esempio, in ristoranti, biblioteche, impianti sportivi; ma anche in uffici e in ambienti domestici.

(Foto Isolmant)

Grès porcellanato: rivestimento a tutto tondo 

I materiali ceramici trovano oggi larghissima applicazione come rivestimenti per pavimenti, pareti e piani di appoggio e di lavoro. Oltre a essere pratici e resistenti, sono sempre più valorizzati da finiture d’effetto. Fantasie a mosaico, geometriche o rilievi, texture che richiamano altri materiali, colori sgargianti o tinte pastello, ormai posso assumere qualsiasi dimensione. A questo si aggiungono indiscusse proprietà tecniche.

La messa a punto di nuovi macchinari per la pressatura, la cottura e la stampa ha permesso di realizzare lastre di grande formato, fino a 160×320 mm, e di spessore ridotto anche 3 mm (3,5 per la posa a pavimento), ideali per la posa in sovrapposizione a superfici esistenti e perciò molto interessanti nelle ristrutturazioni, ma anche per rivestire mobili e strutture d’arredo. I bordi rettificati poi consentono di avere fughe anche inferiori al millimetro, per dare l’idea di un rivestimento continuo e minimizzano le stuccature soggette a raccogliere lo sporco.

Ulteriore svolta è arrivata dalla stampa digitale, quella che ha permesso di “trasfigurare” la ceramica e di farle assumere le sembianze di altri materiali, di riprodurre sulla sua superficie trame e disegni di ogni genere, mantenendo inalterate le proprietà tecniche.

Cosa provoca l’inquinamento indoor

Tra i principali responsabili dell’inquinamento interno ci sono i Voc (Volatile Organic Compounds – Composti Organici Volatili); sono composti chimici di vario genere, tutti caratterizzati dalla capacità di evaporare facilmente nell’aria a temperatura ambiente. Comprendono gli idrocarburi e i composti contenenti ossigeno, cloro o altri elementi oltre al carbonio e l’idrogeno, e gli idroclorofluorocarburi (Hcfc). Possono essere introdotti dall’esterno ma anche essere emessi da prodotti e materiali di costruzione e finitura, da elementi di arredamento o provenire da attività umane, come il fumo o l’uso di prodotti come i detergenti, i ceranti o gli insetticidi. Negli ambienti indoor, spesso caratterizzati da ricambi di aria limitati, i Voc possono raggiungere concentrazioni elevate, tali da risultare pericolosi.

Insieme ai Voc, il più comune inquinante indoor è la formaldeide, che, sebbene sia un composto organico volatile, viene considerata a parte in quanto, per la sua elevata reattività, deve essere monitorata con metodologie diverse da quelle applicate per i Voc. La formaldeide è un composto organico in fase di vapore, incolore, solubile in acqua e dall’odore pungente. Oltre a essere un prodotto della combustione (fumo di tabacco per esempio), è anche emesso da resine usate per l’isolamento e per comporre truciolato e compensato di legno, per tappezzerie, moquette, tendaggi e per altro materiale da arredamento.

Come riconoscere le vernici ecologiche

La certificazione europea per i prodotti ecologici è la Ecolabel (marchio usato per certificare, secondo il regolamento Ce n. 66/2010, il ridotto impatto ambientale di prodotti o servizi), ma questa legislazione ammette tuttavia che le pitture e le vernici con dicitura ecologica possano contenere meno del 5% di metalli pesanti, come piombo e cobalto, e una quantità ridotta di Voc. Alcune etichette per fugare ogni dubbio riportano, oltre al marchio europeo, la dicitura “zero Voc” o “zero Cov”.

Più nello specifico, la Din En 13 300 è la norma qualitativa per pitture e sistemi di rivestimento di muri e soffitti in ambienti interni e raggruppa le caratteristiche più importanti per la valutazione di una pittura per interni. La normativa Iso 22196 descrive i criteri per la determinazione dell’attività antibatterica dei sistemi di verniciatura delle superfici e la già citata certificazione Haccp in riferimento alla normativa la norma Uni 11021:2002 che tratta di pitture e vernici, prodotti e sistemi per la verniciatura di ambienti con presenza di alimenti, stabilendo requisiti e metodi di prova.

Quale la differenza fra ceramica e grès porcellanato?

Sia la ceramica sia il grès porcellanato si ottengono dall’argilla, ma con procedimenti diversi in fase di produzione. La ceramica può essere ottenuta per monocottura (cottura simultanea di pasta, la base e smalto, la finitura superficiale) o bicottura (cotture separate, più delicata e utilizzata solo per rivestimenti); il grès porcellanato si ottiene per monopressocottura di un impasto di argilla macinata colorato a tutta massa, a temperature di 1.200-1.250 °C e pressioni che arrivano a 500 kg/cm2 che portano il materiale a uno stato di vetrificazione con la conseguente eliminazione di tutte le porosità, diventando compatto e duro.

Lo smalto, che nelle ceramiche rappresenta uno strato di finitura superficiale di pochi millimetri, nel grès colora l’intera massa, perciò è molto più resistente; inoltre, la vetrificazione lo rende completamente impermeabile.

Cosa scegliere

Isolmant – Tecnasfalti. Funzionalità ed estetica nel nome del silenzio

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Saint Gobain Italia. I dettagli che fanno design

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