What’s New | Risparmio energetico

Materiali e tecnologie all’insegna dell’efficienza

Una progettazione, una costruzione e una manutenzione attenta di un edificio possono concorrere in misura considerevole alla minimizzazione degli sprechi energetici, al netto delle tecnologie impiantistiche applicate

La progettazione architettonica contemporanea si trova sempre di più ad affrontare il processo creativo-costruttivo basandosi sulla sinergia di scelte tipologiche e compositive e criteri costruttivi attenti al dispendio energetico al fine di minimizzarne gli sprechi.

Esistono diverse strade perseguibili per operare in questo senso, processi come quello CasaClima e Leed che prevedono passi specifici e circostanziati; tutti, fondamentalmente, improntati sulla “buona pratica del costruire”. Tralasciando, in questa sede, lo sviluppo delle tecnologie impiantistiche, sempre più all’avanguardia nello studio di soluzioni efficienti ed efficaci, il risparmio energetico, sia in fase di prima costruzione sia nelle successive e indispensabili riqualificazioni del patrimonio costruito esistente, passa necessariamente attraverso la scelta di una certa tipologia di materiali, la posa a regola d’arte, la riduzione degli sprechi e uno smaltimento attento al possibile riciclo.

I cosiddetti “sistemi passivi” per il risparmio energetico sono l’insieme dei sistemi costruttivi in grado di controllare le dinamiche di scambi termici tra esterno e interno di un edificio, “sfruttando come fonte di energia la radiazione solare e come elementi di captazione e di accumulo i componenti della costruzione stessa”. L’energia solare viene cioè captata da collettori, quali superfici trasparenti o traslucide integrate in facciate correttamente orientate e in copertura, e accumulata attraverso materiali e stratificazioni in grado di rilasciarla in assenza di radiazione solare. Importanza magistrale in questo processo ha l’isolamento termico in combinazione con la traspirabilità dell’involucro edilizio, nelle porzioni trasparenti e in quelle opache, sulle superfici orizzontali, verticali e inclinate.

Partendo dal presupposto che i serramenti, posati ad arte e ben isolati, possono essere posizionati in qualunque porzione dell’involucro, che sia una parete, una copertura (inclinata o piana) o un solaio a livello del suolo per dar luce a locali interrati, l’isolamento e, di contro, la permeabilità, interessano ogni porzione dell’edificio: la copertura, piana o a falde, le chiusure verticali, opache e trasparenti (o variamente traslucide), i solai controterra. Di importanza fondamentale, in fase di progettazione prima e di cantiere poi, diventa quindi la scelta dei materiali in rapporto alle diverse applicazioni e alle prestazioni richieste.

La copertura

Il comportamento del tetto “in equilibrio” termodinamico con l’edificio sottostante dipende dalla tipologia di copertura e dalla destinazione d’uso dello spazio sottostante. Se il sottotetto non è praticabile, viene utilizzato come deposito o è aerato non è conveniente coibentare il tetto; può essere invece risolutivo isolare il solaio dell’ultimo livello che separa l’abitazione sottostante. Se il sottotetto è abitabile, invece, lo spazio va isolato o dall’interno (intradosso) con un intervento più semplice e veloce, o dall’esterno (estradosso), rimuovendo il manto di copertura e riposando lo strato impermeabile.

Le chiusure opache

Un buon comportamento energetico delle chiusure opache dipende dal loro isolamento e dalla eventuale presenza, o assenza, di potere di accumulo. Alcune tipologie di murature individuano nella presenza di massa la loro caratteristica principale divenendo perciò sistemi di accumulo termico in grado di assorbire e rilasciare calore nei diversi momenti della giornata. Altre tipologie, più “leggere”, si avvalgono di materiali con masse meno importanti stratificati con sistemi di isolamento che possono essere posati in esterno, in un’apposita intercapedine, ma anche all’interno degli ambienti (soprattutto in caso di particolari interventi di ristrutturazione). Per il primo caso, l’applicazione più nota è il “sistema a cappotto” che consiste nell’applicazione di pannelli isolanti all’involucro esterno. Un’alternativa è la creazione di una facciata ventilata, dove l’isolante è distanziato dalla struttura originale tramite appositi dispositivi: si realizza cioè un’intercapedine, solitamente minore di 5 cm, aperta alla base e in sommità, tra rivestimento esterno e isolamento per favorire l’aerazione del materiale isolante ed evitare la presenza di condensa. Con l’adozione di queste misure, nella stagione invernale, il calore prodotto dall’impianto di riscaldamento viene assorbito lentamente dalle pareti che, grazie alla presenza di isolamento continuo e omogeneo, fungono da schermo verso le dispersioni di calore; in estate, il rivestimento trattiene il calore e lo rilascia lentamente nella parete, prima, e nell’ambiente interno, poi.

Gli ulteriori vantaggi conseguibili da questo tipo di sistema sono l’eliminazione del rischio di condensa interstiziale e superficiale, l’eliminazione dei ponti termici, la protezione delle strutture dagli sbalzi di temperatura, oltre al miglioramento delle prestazioni acustiche e alla riduzione del rumore. Gli svantaggi dell’applicazione, da un lato, dipendono dalla presenza di un cantiere, seppur esterno all’edificio, con il montaggio di un ponteggio, dall’altro, riguardano la non applicabilità in caso si voglia isolare una singola unità immobiliare. Operativamente, il materiale isolante viene posato sulla superficie esterna preparata “pulita” e fissato tramite elementi meccanici o colla. La finitura prevede una rasatura esterna con successiva tinteggiatura della superficie intonacata o posa del materiale di rivestimento scelto, prestando attenzione al suo peso. Differenti sono i materiai impiegabili, con costi e prestazioni variabili. L’isolamento in intercapedine consiste, invece, nell’insufflaggio, nell’inserimento cioè di materiale sfuso nello spazio vuoto nelle pareti. La tecnica comporta una veloce posa in opera e può essere applicata anche parzialmente su una singola parete o su una porzione della stessa, mantenendone inalterato l’aspetto esterno. L’insufflaggio ha il grosso limite però di non garantire il rispetto dei requisiti previsti se gli spessori dell’intercapedine non sono adeguati, oltre a non correggere i ponti termici e ad ammettere il rischio di condensa interstiziale.

Infine, altra soluzione è quella di collocare l’isolante sulla superficie interna delle pareti: si tratta di una soluzione invasiva, che opera su parti private dell’edificio riducendo lo spazio abitabile e non correggendo i ponti termici, ma potrebbe essere l’unica percorribile in caso di edifici vincolati.

Le chiusure trasparenti

La scelta di una finestra è importante sia in caso di nuova costruzione sia di ristrutturazione. Oltre a proteggere gli ambienti interni dagli agenti atmosferici, i serramenti garantiscono la ventilazione indoor e consentono l’ingresso della luce naturale. Diversi i materiali che possono comporre l’infisso, dal legno all’alluminio, al pvc fino a soluzioni miste, e diverse anche le soluzioni di vetrocamera secondo le performance progettuali richieste. Di importanza fondamentale, poi, i sistemi di schermatura atti alla filtrazione della radiazione solare in particolari orari, condizioni o utilizzi dello spazio all’interno.

Il pavimento controterra

I solai (abitati) che necessitano di maggiore isolamento sono quelli sovrastanti uno spazio non riscaldato, come porticati, cantine o garage, oltre a tutte le superfici direttamente controterra. Se per quest’ultimo caso la soluzione ottimale è la predisposizione di un vespaio aerato per proteggere la superficie orizzontale dal freddo, ma anche dall’umidità del terreno sottostante, per coibentare i solai, in genere, si ribassa il plafone con un controsoffitto e si inserisce il materiale isolante nell’intercapedine ricavata. In alternativa, in caso di ambienti dall’altezza ridotta, per esempio, l’isolante può essere applicato direttamente al soffitto: in questo caso deve essere un pannello rigido, conformato per ricevere direttamente l’intonaco di finitura.

 

Dispersioni energetiche. Come misurarle?
Con semplici sopraluoghi è difficile individuare le zone dell’involucro più critiche dal punto di vista della dispersione termica, oltre a considerazioni circa lo stato visibile delle murature e degli infissi. In caso sia necessario avere informazioni più approfondite è necessario ricorrere a un’analisi dell’involucro per mezzo di un termografo, un apparecchio che “fotografa” l’edificio dall’esterno evidenziando con colorazioni diverse le zone di maggior dispersione. La termografia è un’analisi diagnostica non invasiva del manufatto edilizio che si avvale di apparecchiature a infrarossi per restituire una radiografia dell’immobile con evidenziate le aree di maggiore dispersione termica, graficamente rappresentate con colori diversi: in blu le zone fredde perciò ben isolate perché non lasciano passare il calore, fino ad arrivare al rosso per quelle in cui si verificano le dispersioni maggiori verso l’esterno (zone calde). L’indagine è esclusivamente conoscitiva dello stato delle murature, non permette di quantificare il calore disperso ma di individuare le zone di dispersione (ponti termici) e di intervenire in modo specifico.

Cosa scegliere

Isolconfort. Pannelli isolanti per la riqualificazione energetica

Locatelli. Un sistema per isolamento termico ad alta efficienza

Profine Kömmerling Italia. Un sistema ibrido ad alte prestazioni

Sika. Bianco riflettente per il Cool Roof

Soprema. Innovazione, sostenibilità e risparmio energetico

T2D. Massivo e isolante

Velux. Finestre da tetto con packaging sostenibile

Wienerberger. L’alternativa in laterizio al cappotto termico

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