Riforma del lavoro, le aziende dicono la loro

Riforma del lavoroPolitiche attive, programmi di ricollocazione, riduzione delle forme contrattuali di cattiva flessibilità, contratto a tempo indeterminato senza articolo 18: sono queste in sintesi le richieste delle aziende al Governo per sostenere la ripresa, che emergono dall’ultima rilevazione dell’Osservatorio permanente sulla riforma del mercato del lavoro, promosso da Gi Group Academy. Risultati quanto mai attuali e interessanti nei giorni in cui il Senato sta discutendo il Ddl Delega Lavoro. Dalla rilevazione, condotta nel periodo tra il 10 e il 15 settembre scorso su oltre 500 aziende, è emerso che il Dl Poletti non sembra aver modificato in modo sostanziale le scelte di assunzione delle aziende. La maggior parte di esse (con medie che vanno oltre il 60%) ha dichiarato che non sono cambiati i contratti utilizzati per le scelte di assunzione, né cambieranno per il 2015. Unico effetto apprezzabile del Decreto è la sostituzione del contratto a tempo indeterminato con il tempo determinato e la continua erosione delle forme di cattiva flessibilità. In materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, la maggior parte dei rispondenti (42,5%) ha dichiarato di preferire un contratto dove l’articolo 18 cessi di essere applicato del tutto, a fronte di un’indennità monetaria crescente da corrispondere al lavoratore e di un supporto alla ricollocazione professionale. Il 32,6 per cento non ritiene necessaria l’introduzione di un contratto a tutele crescenti laddove la minoranza (24,9%) ritiene che l’articolo 18 debba tornare a essere applicato dopo i primi 3 anni dall’assunzione. Più di otto aziende su dieci (l’87,4% del campione) ritiene che ci siano nel nostro paese troppe forme contrattuali: i primi due contratti che le aziende eliminerebbero sono il contratto a progetto (48,4%) e le associazioni in partecipazione (45,3%).