Speciale | Store Innovation Award 2023

In tre parole

Tre parole hanno individuato i temi attorno ai quali è stato organizzato l’incontro e tre parole hanno contrassegnato i contributi di Mikaela Decio, Giorgio Ghezzi, Gabriella Simone, Veronica Verona, Cosimo Errede e Achille Carcagnì. Ecco gli estratti

Produzione – Ricerca – Circolarità

Mikaela Decio
Come lo studio dei prodotti di qualità e impatto ambientale sempre più basso si coniuga con attività volte alla ricerca di formule ottimizzate e al riciclo degli imballi che diventano nuova risorsa per altri cicli di vita. MIKAELA DECIO, Corporate Enviromental Sustainability Manager di Mapei

«La sostenibilità adesso è una leva di mercato. Circa un prodotto su quattro che troviamo sugli scaffali anche dei supermercati fa leva sulla sostenibilità. Purtroppo, però questa non è sempre una buona notizia, nel senso che qualche volta le asserzioni ambientali che ritroviamo sempre più spesso sui prodotti potrebbero non essere scientificamente provate. Da una recentissima indagine, più dell’80 per cento dei claim ambientali sono ad altissimo rischio di green washing.

Bisogna, per questo, stare molto attenti. E affidarsi alla scienza che ci consente di verificare che le asserzioni ambientali siano effettivamente vere e valide, provate, verificate e certificate.

La metodologia che utilizziamo è quella che si chiama Life Cycle Assessment (analisi del ciclo di vita) che consente di valutare gli impatti ambientali dei nostri prodotti lungo tutto il ciclo e la catena di vita. Questa metodologia viene impiegata nel mio gruppo proprio per valutare tutti gli impatti ambientali dei nostri prodotti, dall’estrazione delle materie prime fino al gate dell’impianto e fino al fine vita del prodotto stesso. Che significa discarica, ma significa anche, in ottica circolare, riportare il prodotto nel ricircolo. Questo vale sia per i prodotti sia per il packaging.

Noi andiamo a calcolare, ad esempio, la famosa emissione di CO2 dai nostri prodotti, quindi tutti i gas effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici che stiamo vivendo nella nostra epoca. Ma Mapei fa qualcosa in più, perché ultimamente ha compensato le emissioni residue di CO2 (che non possono essere ridotte ulteriormente) dei suoi prodotti con l’acquisto di crediti certificati per riforestazione e per la promozione di energie rinnovabili.

Proprio in quest’ultimo anno, ad esempio, abbiamo lanciato le linee “Zero” di prodotti in cui tutta la CO2 è compensata. Sono adesivi per la ceramica, malte per l’edilizia, cleaner e impermeabilizzanti. E non ci fermeremo qua.

Un altro lavoro che abbiamo svolto e che vi presento con molto orgoglio, con la metodologia Lca, è quella di studiare un metodo, in ottica di economia circolare, per i nostri packaging che, nella maggior parte sono realizzati con sacchi multistrato, ovvero, carta, una pellicola di polietilene e di nuovo carta. Questi sacchi sono stati analizzati, da un laboratorio conto terzi, secondo la norma Uni 11743, e sono stati valutati riciclabili con la carta. Secondo la classificazione di Aticelca, che è l’associazione che raggruppa tutte le cartiere italiane, i sacchi per l’edilizia sono classificati “A” che significa che il loro riciclo comporta uno scarto inferiore del 10% e “B” che significa che lo scarto è inferiore al 20%.

Attualmente in Europa 350mila tonnellate di sacchi di carta usati nell’edilizia non vengono riciclati ogni anno, ma vengono inceneriti o finiscono in discarica. Eppure, i sacchi di materiali per l’edilizia sono molto richiesti dalle cartiere perché hanno delle fibre molto lunghe e, quindi, un potere di riciclabilità elevato. Anche per questo, in Mapei, ci siamo chiesti “come poter stimolare la filiera a

riciclare questi sacchi di carta?”. Ci siamo confrontati con alcuni attori del comparto, cartiere, Aticelca, Assocarta, Saci con cui, unendo le forze, abbiamo cercato di capire come fare per recuperare questi sacchi. Il nostro punto critico è che Mapei non può ritirare rifiuti, ma a questo ha trovato soluzione associandosi al Consorzio Rec (Recupero Edilizia Circolare), un consorzio di rivenditori virtuosi che si “prendono la briga” di recuperare i rifiuti da costruzione e demolizione. I rivenditori consorziati possono allestire delle aree dedicate, denominate Centri Preliminari alla raccolta nelle quali raggruppare i rifiuti C&D secondo le semplici procedure del “deposito temporaneo”. Mapei ha quindi suggerito di aggiungere un “big bag” per la raccolta dei sacchi di carta multistrato per conferirli alla cartiera che poi li riciclerà.

Nel progetto, che è stato molto lungo e complicato perché oltre a quella ambientale dovevamo essere certi della sostenibilità economica, sono stati coinvolti parecchi attori, oltre a Mapei e Consorzio Rec, infatti, hanno aderito Cartiere Saci, Assocarta, Comieco, Assografici, Gipsac e Vaga. Con loro abbiamo messo a punto un progetto di circolarità secondo cui l’impresa conferisce i sacchi di carta esausti nei centri preliminari alla raccolta del Consorzio Rec, un trasportatore li porta poi alla cartiera per riciclare e dare nuova vita alla carta. Il fine è quello di riutilizzare questa carta per realizzare altri sacchi per l’edilizia che poi seguirebbero lo stesso circuito. Un vero progetto di circolarità, in una filiera in cui la circolarità non è facile, che al momento è partito come pilota nell’area di Milano in cui alcuni distributori del Consorzio Rec hanno aderito. Abbiamo studiato tutto il percorso per il recupero della carta (che viene poi trasportata in un centro di pressatura e di selezione in cui sarà anche valutata la qualità della carta) e infine abbiamo studiato la comunicazione di questo progetto, per cui abbiamo utilizzato lo slogan “Fai la differenza un sacco dopo l’altro”».

Raccolta – Riciclo – Rivendita

Giorgio Ghezzi
La raccolta, il riciclo e la rivendita dei rifiuti da costruzione e demolizione fanno bene all’ambiente e raddoppiano il business del punto vendita. GIORGIO GHEZZI, membro del Comitato Tecnico-Scientifico di Consorzio Rec

 

«Il Consorzio Rec nasce da un progetto di Federcomated che intendeva mettere a disposizione dei distributori di materiali edili uno strumento che consentisse il recupero delle macerie da costruzione e demolizione che venivano raccolte dalle piccole e medie imprese, senza doversi sottoporre a delle autorizzazioni, diventate estremamente pesanti.

Si partiva da una situazione nella quale le macerie da cantiere su bordo strada facevano parte integrante del panorama delle periferie delle nostre città. Restando il fatto che i rifiuti da costruzione e demolizione hanno un’importanza tale da costituire quasi il 50% della quantità dei rifiuti speciali che vengono prodotti.

Per dare dei numeri, secondo il rapporto Ispra, nel 2019 si partiva con 68 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione, circa la metà del totale dei rifiuti che venivano prodotti in Italia, con una crescita costante dal 2013 al 2019 del 43%. Un aggiornamento del 2021 vedeva i numeri in crescita, nonostante il Covid, e soprattutto registrava che il volume dei rifiuti da costruzione e demolizione prodotti dall’edilizia superava quello dei rifiuti speciali prodotti da tutti gli altri settori produttivi. Durante il progetto di questa attività, ci siamo resi conto che organizzare un recupero di rifiuti da costruzione e demolizione nell’ambito di un consorzio, avendo una facilitazione normativa conquistata con un progetto che Federcomated ha sostenuto per anni, non avrebbe avuto senso se non si fosse aggiunto al recupero il discorso della circolarità.

Il Consorzio Rec nasce l’11 maggio del 2021, al termine di un progetto che cercava di trovare la soluzione al problema della raccolta di materiali edili nelle rivendite conferiti dalle piccole e medie imprese. I centri di materiale edile diventano perciò protagonisti di un futuro di economia circolare. L’evoluzione normativa che abbiamo ottenuto con il lavoro del nostro progetto porta l’introduzione nel decreto legislativo 152 del 2006 sulla gestione dei rifiuti che consente alla rivendita edile di aprire un centro preliminare alla raccolta, dove la legge accetta che vengano portati gli scarti generati dalla lavorazione dei materiali venduti dalla rivendita. La normativa dice che non è necessaria l’autorizzazione da parte dell’autorità competente per aprire un deposito preliminare alla raccolta. Dunque, tutte le complicazioni normative che servivano per un’autorizzazione vengono meno. Questo è fondamentale per una rivendita di materiale edile.

Sottolineo che il mestiere della raccolta dei rifiuti veniva svolto dalle rivendite normalmente perché faceva parte del loro lavoro, del servizio che davano alle imprese medie o piccole che comunque hanno difficoltà a dover gestire queste pratiche. L’intervento che è stato fatto segue una sistematica evoluzione delle normative che avevano inasprito quelli che erano i vincoli e avevano scoraggiato decisamente il discorso per le imprese.

Il Consorzio Rec raccoglie i centri vendita di materiali edili che vogliono promuovere l’attività di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione utilizzando i centri preliminari per la raccolta. I consorziati agiscono in un contesto guidato e protetto perché il Consorzio mette a loro disposizione un disciplinare, un sistema di formazione delle figure preposte, la pianificazione delle attività nell’ambito del singolo punto vendita, il sistema di procedure che riguardano la gestione del materiale del rifiuto che entra nella rivendita, la gestione della documentazione e la realizzazione della cartellonistica che, nell’ambito di un centro preliminare alla raccolta, è vincolata dalla normativa di legge.

Il vantaggio per il magazzino edile è quello di fidelizzare la clientela, a cui si offre così, un ulteriore servizio e di avere anche dei vantaggi di carattere commerciale. Anche il cliente ha un vantaggio: viene, scarica le macerie, carica il materiale e torna in cantiere senza perdere tempo e avendo chiarezza di tutti i costi e la tranquillità (che per i nostri clienti è importantissima) di non andare a violare nessuna normativa, perché dietro c’è l’egida del Consorzio.

Questi vantaggi si riflettono anche sull’ambiente e sulla comunità. Come già esposto da Mikaela Decio, stiamo lavorando anche in maniera molto stretta con i produttori di materiali edili, Mapei in primis, con i quali stiamo tracciando dei percorsi che devono portare al riciclo del materiale per entrare in un team di circolarità.

La partenza di questa attività è stata certamente rallentata nei centri vendita a causa dell’esplosione del mercato, ma abbiamo registrato un recupero notevole e siamo ottimisti verso un’ulteriore crescita. I numeri dicono cose molto positive da questo punto di vista».

Business Design – Analisi – Sviluppo

Gabriella Simone
Come lo studio dei punti di forza e di debolezza di un’impresa di distribuzione consente di migliorare i flussi e aumentare il fatturato. GABRIELLA SIMONE, Business Designer e Retailer Designer

«Partiamo da un discorso generico. I punti vendita fisici nella distribuzione sono caratterizzati da diversi formati: ci sono le grandi catene che sono degli ampi spazi e offrono un’ampia gamma di prodotti, ci sono i negozi specializzati che sono diretti o indiretti e possono essere anche di medie e grandi superfici e poi ci sono i negozi di prossimità che, anche grazie al Covid, sono diventati sempre più frequentati perché hanno un assortimento focalizzato e sono vicini alle persone.

Guardiamo anche quelle che sono le tendenze di acquisto perché le persone e i clienti cambiano. Abbiamo, infatti, registrato una crescita di tutto il comparto web e delle piattaforme marketplace per comprare i prodotti, ma abbiamo anche notato che il cliente, la persona, ritorna allo spazio fisico perché vuole vedere i prodotti e li vuole confrontare, li vuole valutare.
L’evoluzione dei format e degli spazi di vendita deve assolutamente assorbire anche tutti questi cambiamenti che sono a vantaggio delle rivendite e degli spazi fisici.

Qual è la cosa fondamentale? Per costruire gli spazi e vendere i prodotti noi dobbiamo conoscere le persone. Le persone sono importanti perché sono i nostri clienti; certo, non possiamo servire tutti i clienti, ormai lo abbiamo capito, ma bisogna capire quali sono quelli più importanti e più profittevoli per la nostra attività, compreso quello che non conosciamo.

Ma chi sono i clienti del settore edilizia e ferramenta? Perché comprano da noi? Perché in qualche modo si affidano a quelli che sono i nostri spazi e le nostre attività. In questo, il business design è la disciplina che ci fa fare le domande giuste, ci fa chiedere cosa effettivamente serve al cliente, ma soprattutto ci consente di costruire delle strategie operative e fattibili. Questa disciplina, dunque, è un approccio all’innovazione incentrato sulle persone che serve alle organizzazioni e alle aziende per rinnovare il proprio modello di business, ovvero per creare, comunicare, distribuire e catturare valore.

Questa disciplina si appoggia a degli strumenti, le mappe visuali, che servono per lavorare insieme all’interno delle aziende, per focalizzare le domande di progetto, ma soprattutto servono per creare degli impatti da subito.

Cosa serve per iniziare? Un facilitatore, un team di lavoro, una domanda di progetto (una e non tante), delle mappe visuali, tanti post-it e due ore di tempo. Per domanda di progetto intendo, ad esempio, “Come posso fare per affrontare la perdita di clientela e la riduzione della marginalità nel mio magazzino edile considerando la forte concorrenza che c’è sia da parte della grande distribuzione sia dalle piattaforme online?” oppure “Ci sono delle strategie che posso adottare per uscire dal mondo degli sgravi fiscali che fanno parte ormai del mondo edile da tanti anni?”

Con il Business Model Canvas possiamo immaginare l’azienda divisa in 9 blocchi ciascuno dei quali sottintende una domanda. A queste domande si risponde, con l’utilizzo pratico di post-it, fino a definire una mappatura. Una volta completata quella mappatura il team decide insieme al facilitatore di lavorare su alcune domande e, utilizzando delle mappe, si può scendere di scala. Muovendoci in questo modo sistemico possiamo identificare le criticità anche dei nostri modelli. Questo ci serve non solo per offrire dei servizi differenti ai nostri clienti ma anche ripensare gli spazi che sono i luoghi in cui le persone comprano.

È importante riuscire a trasmettere il valore anche nello spazio. Il cliente che vuole scegliere deve trovare una profondità di gamma, deve poter valutare diversi prodotti insieme e di conseguenza farà l’acquisto all’interno dello spazio. Ovviamente c’è un tema di comunicazione sia esterna sia interna al punto vendita.

In sintesi, perché è importante questa disciplina anche per il mondo dell’edilizia e il mondo delle rivendite dei materiali edili? Perché serve per costruire delle strategie, per identificare i clienti ideali, per costruire quel valore del magazzino edile, per la differenziazione, non soltanto sul territorio ma anche per il proprio mercato, per avere una visione sistemica e d’insieme, per analizzare le attività dell’organizzazione e far emergere le criticità ma soprattutto per costruire un piano operativo, perché lavorando in questo modo si vede il tutto nell’insieme».

Posizionamento – Comunicazione – Premialità

Veronica Verona

Come la formazione, nei diversi ambiti dell’impresa, può essere un booster per la rivendita. VERONICA VERONA, Ceo de L’Accademia dello Showroom

«Quando Francesca mi ha parlato di questo format delle tre parole io mi sono chiesta: “Ma effettivamente quali sono le parole che mi sento pronunciare più spesso e che mi richiedono i miei clienti, soprattutto quelli della distribuzione e i titolari degli showroom?”. Queste parole sono tre: posizionamento, comunicazione e premialità.

Ne l’Accademia dello Showroom sappiamo che un risultato come il fatturato non è mai figlio di una sola leva, una sola campagna o un solo corso di formazione. Sono sempre più di uno gli elementi che concorrono alla formazione di un risultato, alla fine dell’anno ma anche a fine mese. Oggi la cosa che più ci chiedono frequentemente è: “Come fare per far entrare più persone nello Showroom?”.

Per fare questo dobbiamo chiarire in modo molto forte qual è il nostro posizionamento, ovvero la posizione che la tua insegna, il tuo nome è nella testa del cliente quando gli viene in mente di dover mettere mano a una ristrutturazione. Arrivi per primo? Arrivi per secondo? Sei quello caro? Sei quello che ha le cose belle? Oppure sei quello che ha poca scelta ma quella giusta? In realtà non c’è un posizionamento migliore, ma c’è il posizionamento migliore per il cliente che hai deciso di servire. Questo è un aspetto strategico estremamente importante sul quale di solito lavoriamo in accademia proprio per partire con tutto quello che viene dopo, dalla formazione alla comunicazione.

Ed è proprio questo il secondo punto; una volta che hai deciso chi servire e soprattutto come posizionarti nella sua mente, quindi come colui che ha la soluzione adatta a quel tipo di cliente allora non basta farlo, lo devi far sapere. Ecco che la seconda parola, la comunicazione, ci viene in aiuto con una strategia. Più volte mi son sentita dire: “Sì, ma io non sono a Milano, ma nel paesino, nella provincia. In questo caso che tipo di comunicazione devo fare? Volantini?”

In realtà c’è per ogni tipo di condizione geografica la strategia migliore. Ovvio che va fatta fare a qualcuno che se ne intende, ma il suggerimento è far sapere e far arrivare le notizie che ti riguardano al cliente giusto. Non sempre solo e quando ha bisogno di te ma prima. Questo è quello che ci insegna il neuromarketing. Le persone la maggior parte delle volte prendono decisioni proprio perché si sono fatti un’idea dell’azienda o del loro modo di lavorare molto prima di trovarsi nella condizione di fare una ristrutturazione.

Arriviamo alla terza parola: la premialità. Già ci fa intendere che abbiamo a che fare con dei risultati da premiare. Forse è il caso di chiederci: “Ma i nostri collaboratori sono soddisfatti?” Non esiste pubblicità migliore per la nostra azienda di quello che loro stessi andranno a dire di noi e del nostro modo di lavorare. Ed ecco che la premialità diventa incentivante per coloro che sono ambiziosi e potrebbe essere anche stimolante per coloro che magari “si cullano sugli allori” o hanno la percezione di essere ormai arrivati. La verità è che i nostri collaboratori la maggior parte delle volte sono persone che stano con noi da tantissimo tempo e se non ti sei mai occupato della loro crescita, non tanto come formazione tecnica ma come attenzione verso le loro esigenze, forse è arrivato il momento di farlo».

Marketing – Digitalizzazione – Crescita

Cosimo Errede
La digitalizzazione nelle imprese di distribuzione ovvero come potenziare, con gli strumenti digitali, i metodi commerciali tradizionali per fare in modo che nessuno step venga dimenticato o trascurato. COSIMO ERREDE, esperto di marketing e Brand Positioner

«Nel corso della storia del marketing abbiamo assistito a profonde evoluzioni che hanno trasformato non solo il modo in cui le aziende si presentano ai consumatori, ma anche il modo in cui i consumatori interagiscono con marchi e prodotti.
Semplificando, schematizziamo in quattro “ere” i periodi che hanno segnato il marketing.

Era del mercato Prodotto-Centrico;
Era del mercato Servizio-Centrico;
Era del mercato Servizio-Centrico;
Era del mercato Competitor-Centrico

Prodotto-Centrico: l’attenzione era concentrata sul prodotto stesso. L’idea era semplice: un prodotto di qualità si vende da solo. Le aziende si concentravano principalmente sulla produzione e sulle caratteristiche intrinseche del prodotto, credendo che fosse l’unico fattore determinante per il successo sul mercato (anni ’50 e ’60).

Man mano che i mercati diventavano saturi e la concorrenza cresceva, le aziende hanno capito che offrire un prodotto di qualità non era più sufficiente.

È stato allora che siamo entrati nel Servizio-Centrico, in cui era cruciale fornire valore aggiunto attraverso servizi eccellenti. Qui, l’esperienza del cliente e la soddisfazione divennero il fulcro delle strategie di marketing. L’interazione e la relazione con il cliente assunsero un ruolo centrale (anni ’70).

Questo periodo ha dato luogo alla successiva fase del mercato: Cliente-Centrico. Il celebre spot di Ennio Doris per Mediolanum dove disegnava con un bastone un cerchio in terra e definiva lo slogan “tutto intorno a te”. Il cliente divenne il fulcro. Il vero centro dell’attenzione (anni ’80 e ’90).

Oggi, se si vuole ottenere qualche risultato veramente significativo è necessario sì mantenere al centro dei propri pensieri il cliente, ma deve essere la profonda, quasi maniacale conoscenza dei competitor la scintilla dalla quale prendere lo spunto per trovare nuove leve differenzianti ed angoli d’attacco. Il mercato deve essere Competitor-Centrico (dal 2000 in poi).

In un panorama sempre più complesso e digitalizzato ci troviamo al crocevia di queste ere, cercando di sintetizzare le lezioni apprese e di costruire strategie che integrino prodotto, servizio e consapevolezza competitiva.

Google ha definito un nuovo elemento fondamentale, che richiede la nostra attenzione e comprensione: il “Messy Middle”. Ma cosa rappresenta esattamente? E perché gli imprenditori ed i manager dovrebbero prestare molta attenzione a questa definizione?

Il “Messy Middle” definisce quell’intricato groviglio di decisioni, emozioni e touch-point che intercorrono tra la fase di scoperta di un prodotto o servizio e la decisione finale d’acquisto. Ma non è soltanto un passaggio: è un vero e proprio ecosistema in cui il consumatore si muove, spesso con incertezza, cercando di trovare risposte e soluzioni ai suoi bisogni e desideri.

La vera domanda che ogni consumatore si pone, consciamente o meno, è: “WIIFM? Acronimo di What is Inside For Me? Ovvero: Cosa ci guadagno?”.

Questa domanda rappresenta il cuore pulsante di ogni decisione d’acquisto. Ogni consumatore cerca valore, un beneficio tangibile o emotivo che giustifichi la sua scelta.

Per comprendere come gestire il “Messy Middle”, dobbiamo non solo comprendere la psicologia e il comportamento del consumatore, ma anche identificare e comunicare chiaramente il valore che il nostro prodotto o servizio porta nella sua vita. Qual è la nostra risposta al suo “Cosa ci guadagno”? Che beneficio possiamo offrire?

In due parole: dialogo mentale. Il dialogo mentale del target è essenzialmente il flusso di pensieri, emozioni, domande e considerazioni che attraversano la mente del consumatore quando si trova di fronte a una decisione d’acquisto o quando interagisce con un brand, un prodotto o un servizio.

Intercettare e comprendere il dialogo mentale del target è fondamentale per sviluppare strategie di marketing efficaci, generare prodotti e servizi che rispondano veramente alle esigenze dei consumatori per costruire relazioni solide e durature con essi.

Perché è così cruciale per noi comprendere questo concetto? Perché rappresenta un’opportunità unica di ascolto e interazione. Sintonizzandoci sul “Messy Middle”, possiamo davvero accedere al dialogo mentale del consumatore, comprendendo le sue incertezze, le sue domande, le sue aspirazioni.

Ed in un mercato sempre più competitivo, questa comprensione profonda può fare la differenza tra una strategia di marketing efficace e una che semplicemente raschia la superficie.

La chiave per un’interpretazione ottimale sta nella combinazione di dati, tecnologia e psicologia. Il marketing digitale ci fornisce una quantità senza precedenti di dati comportamentali: ogni click, ogni visita a una pagina, ogni abbandono del carrello rappresenta una parte del puzzle.

Ma questi dati da soli non sono sufficienti. Hanno bisogno di essere interpretati alla luce della psicologia del consumatore. La formazione diventa un pilastro centrale. I team di marketing, vendita e customer service devono essere costantemente aggiornati, non solo sulle ultime tecnologie e strumenti, ma anche sulle dinamiche psicologiche che guidano le decisioni dei consumatori.

Concludendo, in un’era in cui è senza dubbio il competitor la pietra angolare da cui partire per poter definire un proprio modello di business vincente, la personalizzazione e la comprensione del cliente sono al centro di ogni strategia di successo.

Credo fermamente che l’approfondito studio di Google su quello che hanno definito “Messy Middle” non sia solo un’idea teorica ma una roadmap. Una guida che può condurre verso una connessione più profonda e significativa con i clienti, garantendo una crescita sostenibile e innovativa nel mondo della distribuzione.

Le aziende non possono sottrarsi dall’affidare a professionisti con un profondo know-how il presente ed il futuro del marketing della propria azienda. In team creati internamente o in outsourcing. La conoscenza non fine a sé stessa, ma come via per il successo. L’obiettivo non sono i like ma i risultati finanziari positivi che il marketing ci può mettere a disposizione».

Attrazione – Conquista – Fidelizzazione

Achille Carcagnì
La declinazione della nuova “Trilogia della vendita” per creare un ambiente di lavoro innovativo, responsabile e coinvolgente, in grado di generare entusiasmo, creatività e, soprattutto, produttività. ACHILLE CARCAGNÌ, Area Manager, Direttore Filiale Sud Italia di Mapei, Autore del best seller “Vendere con il Sorriso”

«Il mio intervento è incentrato sulla nuova Trilogia della vendita: Attrazione, Conquista e Fidelizzazione del cliente declinata con il sorriso. Ma prima bisogna fare qualche premessa. Cominciamo da quella sul sorriso il quale ha un valore inestimabile e soprattutto, visto che qui parliamo di sostenibilità e di risparmio delle risorse del pianeta, sappiate che il sorriso è una risorsa che non finisce mai, anzi, più ne utilizziamo e più ne produciamo, anche inconsapevolmente. Pensate al lattante che quando voi gli sorridete lui ricambia con il sorriso, anche se non sa cos’è. Il sorriso diventa quindi una sorta di moneta di scambio. Perché allora non adattarlo anche nei nostri ambienti di lavoro?

Purtroppo, la nostra società non ci stimola all’utilizzo del sorriso sul posto di lavoro, anzi al contrario tende ad inibirlo. Spesso, infatti, ci dicono: “al lavoro non puoi sorridere, devi mantenere un atteggiamento serio e professionale”.

Il sorriso, invece, come tanti altri atteggiamenti che noi possiamo usare è qualcosa che implica l’utilizzo di neuroni specchio che, come spiega il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti: “Sono dei neuroni motori, i quali si attivano sia quando uno fa l’azione che quando vede un’altra persona fare un’azione simile. Anche per il Sorriso ci sono degli studi che dicono che quando una persona vede il riso di un’altra persona gli si attiva esattamente quel centro corticale che determina il sorriso nell’osservatore”.

Dobbiamo stare attenti però all’utilizzo dei neuroni specchio perché noi possiamo attivare i neuroni del cliente con la nostra azione, ma anche il cliente può attivare i nostri neuroni specchio con la sua azione.  Come abbiamo visto, infatti, i neuroni specchio si attivano con il sorriso ed anche con tanti altri atteggiamenti, pertanto, il sorriso e l’empatia durante l’accoglienza del cliente nel nostro punto vendita sono i primi atteggiamenti da utilizzare per attivare positivamente i suoi neuroni specchio e predisporlo positivamente nei nostri confronti. Attenzione però che se un cliente arriva da noi con un atteggiamento aggressivo, arrabbiato o deluso e noi lasciamo che il suo atteggiamento ostile attivi i nostri neuroni specchio, che cosa pensate cha accadrà? Ovviamente ci saranno scintille!

Dobbiamo stare sempre molto attenti ad essere noi i registi degli atteggiamenti da generare con i clienti, ed il sorriso è proprio il primo atteggiamento da usare per guidare anche il colloquio e la trattativa più difficile. Il sorriso, quindi, va usato sempre, per attrarre come per conquistare e ovviamente anche per fidelizzare il cliente.

Sicuramente il sorriso aiuta i venditori a vendere di più, ma qui dobbiamo fare un’altra premessa.

Siamo tutti venditori, se non vendiamo prodotti o servizi vendiamo idee, opinioni ed emozioni. Ognuno di noi quando vuole convincere qualcuno a fare qualcosa deve vendergli la sua idea. Poi nelle aziende ci sono i titolari, i responsabili marketing e i vari capi, ma tutti devono capire che alla base sono tutti venditori. Come dice Sam Walton, “C’è un solo capo supremo: il cliente. Il cliente può licenziare tutti nell’azienda, dal Presidente in giù semplicemente spendendo i suoi soldi da un’altra parte”.

Se noi riusciamo a portare avanti questa idea di base capite che il venditore non è solo colui che fa la vendita, ma in un’azienda è anche colui che fa le consegne, colui che fa al montaggio, colui che opera sul muletto, colui che gestisce il magazzino, colui che fa le fatture ecc. Perché, come potete immaginare, il cliente ricorda solo l’ultimo miglio, non il primo. Se un venditore è stato così bravo a soddisfare tutte le richieste del cliente, ma l’ultimo anello della catena non lo ha soddisfatto, il vostro cliente si ricorderà solo di quest’ultima esperienza e non del venditore che lo ha egregiamente soddisfatto in tutte le sue esigenze.

All’interno delle nostre aziende è indispensabile considerare tutti come dei venditori, indipendentemente dal ruolo assegnato e tutti devono lavorare affinché l’ultimo miglio sia esattamente come il primo.

Fatte queste premesse parliamo sinteticamente della Nuova Trilogia della Vendita: Attrarre. Conquistare. Fidelizzare.

Primo principio, attrarre i clienti nella vostra rivendita sfruttando tutti i mezzi oggi a disposizione, soprattutto le nuove strategie di marketing online e offline con l’utilizzo dei social.

Secondo principio, conquistare i clienti che avete attratto nel vostro punto vendita, offrendo un servizio impeccabile già dal primo contatto, per creare empatia e conquistare la fiducia dei clienti.

Terzo principio la Fidelizzazione del cliente. Dopo la vendita assicurati di mantenere una comunicazione costante, superiore alle aspettative del cliente e offri incentivi alla fedeltà. L’obiettivo è assicurarti che tornino da te e soprattutto che consiglino la tua rivendita edile alla loro cerchia di amici».

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