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Agenzie di rappresentanza, quale valore per la distribuzione?

Veronica Verona
Veronica Verona

Sono trentaquattro anni che Willy Loman viaggia da una parte all’altra degli Stati Uniti per vendere, tramite i suoi prodotti, se stesso. Sorriso smagliante, battuta pronta, abito ben stirato e scarpe sempre lucide: questo è il segreto per far colpo, perché “non è tanto ciò che vendi ma come lo vendi”. Il testo più famoso di Arthur Miller, caposaldo della letteratura internazionale, dal suo esordio nel febbraio 1949 continua a rappresentare fedelmente la fotografia di una categoria chiave di professionisti della filiera distributiva.

Eppure, siamo nel 2024 e ancora oggi ci chiediamo cosa realmente ci si aspetti da una figura così.

Nel mondo affollato e competitivo del commercio, gli agenti emergono da una parte come figure cruciali in grado di guidare le vendite e favorire la crescita delle aziende, dall’altra appaiono come intermediari senza un vero senso se non quello di gestire problematiche di post vendita.

La scelta di una nuova agenzia di rappresentanza è per le aziende un momento tanto critico quanto delicato, equiparabile all’importanza di fare un investimento strutturale. Tuttavia, sono poche le aziende che valutano adeguatamente l’importanza della selezione.

La maggior parte delle volte l’attenzione è riservata al canale di vendita e al tipo di clienti in portafoglio. Altre volte si ferma alla struttura organizzativa dell’agenzia, chi fa cosa?

La verità è che, per acquisire un’agenzia di rappresentanza capace di portare risultato e far crescere un marchio sul territorio, è necessario anche comprendere l’approccio allo sviluppo di commerciale di un brand che un agente poi effettivamente realizza sul territorio. Quali valori e quale visione del mercato, in cui opera, possiede. Esistono agenzie che si interrogano sull’evoluzione della loro figura e altre che credono che il loro operare si esaurisca alla raccolta dell’ordine. Così come la maggior parte delle agenzie in Italia non riesce ancora a vedere la stessa azienda rappresentata nel suo segmento di clientela.

Nel modello di business di un’agenzia è fondamentale che allo stesso livello del cliente distributore, si sia il cliente azienda rappresentata. Solo mettendo l’azienda in questo segmento, l’agenzia può rispondere alla domanda su come generare valore per quel cliente, in modo che l’azienda continui a preferirlo ad altre agenzie. Ma spesso questo è il risultato di una formazione che l’azienda deve mettere a disposizione dell’agenzia.

Lo stesso potenziale di sviluppo sul territorio è spesso limitato, infatti, dalla mancanza di un vero processo di inserimento in azienda, al pari di quello che avviene per una risorsa interna. L’inserimento è troppo spesso orientato al trasferimento dei contenuti tecnici di prodotto e meno a ciò che differenzia l’azienda dalla concorrenza, così come la condivisione di un modello di sviluppo sul territorio.

E lato distribuzione? Qual è l’impatto di un’agenzia sullo sviluppo di un fatturato?

Ho la fortuna di incontrare tutti i giorni operatori della distribuzione, di diverse strutture e dimensioni, e la risposta è sempre la stessa. Puoi avere centinaia di marchi da trattare e puoi averne decine, ma come distributore vorrai sempre la stessa cosa da un agente: che lavori per sprigionare il potenziale di vendita ancora inespresso.

Come dire: ti ho dato spazio perché ho visto nella marca che mi hai proposto una opportunità di guadagno, adesso fammi funzionare le cose! Un po’ come se questa figura fosse l’unica responsabile diretta del successo di una marca su un territorio. E forse lo è, ma occorre fare uno zoom e capire quali sono i limiti, a causa dei quali spesso questo non avviene come la distribuzione vorrebbe.

Motivo 1. Azienda non allineata a ciò che richiede il mercato

Raro ma non impossibile, l’agenzia non riesce a diventare partner del distributore a causa di una ristretta visione di sviluppo commerciale da parte dell’azienda di produzione. Ma capita più spesso il contrario. Questo genera uno stallo nelle buone intenzioni di un’agenzia, che vorrebbe diventare importante con i suoi marchi per la distribuzione, ma trova continui blocchi di tipo negoziale e commerciale che gli impediscono di farsi percepire come figura strategica dal retailer.

Motivo 2. Agenzia “raccolgo ordini” (se arrivano)

Questa agenzia ha ereditato un modus operandi davvero superato. Solitamente è il modo di operare di chi è arrivato a fine carriera oppure si è disinnamorato della sua professione. Questo tipo di agenzia è convinta che il lavoro fatto negli anni precedenti gli permetta di vivere di rendita a oltranza. Il suo giro (più o meno logico) dai distributori diventa spesso una tappa impostata in agenda, più un presidio che un’occasione di sviluppo.

Motivo 3. Mancata formazione

Hai mai provato a chiedere a un agente perché dovresti preferire la sua azienda a un’altra? Ti dico già, difficile ricevere una risposta capace di darti la sensazione di aver fatto la scelta giusta. La maggior parte delle volte le agenzie non sono pronte a rispondere a questo tipo di domande, essendo loro i primi a mettere in luce il fatto che il prodotto, soprattutto quello di manifattura italiana, ha un livello di qualità mediamente alta e che, comparato ad altri, difficilmente può vincere in modo netto. Il tema della formazione si sviluppa su più livelli. Un livello tecnico di prodotto, tenuto bene dagli agenti che incontriamo, e uno commerciale, di argomentazioni di vendita che devono generare consenso sia in chi sceglie di inserire l’azienda, che in colui che poi trasferirà i contenuti al cliente finale.

E in questo caso c’è un profondo gap da colmare. A parte la criticità per un’agenzia di formare adeguatamente tutto il personale di vendita del suo portafoglio clienti, si aggiunge quella relativa a quando fare la formazione, in quanto tempo? E poi, siamo sicuri che essere agente significhi allo stesso tempo essere un buon formatore?

La risposta la troviamo nell’esito delle nostre esperienze misteriose. Quando da clienti in incognito chiediamo argomentazioni su una cabina doccia, la scelta di un pavimento rispetto a un altro, oppure quella del top di mobile bagno migliore per le nostre esigenze. A una forte preparazione tecnica della rete vendita corrisponde una blanda capacità di argomentazione commerciale. Mancano buoni motivi per esaltare le qualità di un prodotto a coloro che di caratteristiche tecniche ne masticano poche.

Motivo 4. Scarsa conoscenza del territorio e del suo reale potenziale

Questo motivo di natura più strategica porta spesso a non veder decollare il fatturato di un’azienda inserita. Dietro c’è stata una scelta più dettata dal bisogno di fatturato che dalla reale volontà di sviluppare un cliente distributore. Perché, parliamoci chiaro, non tutti i distributori sono adatti a commercializzare un’azienda e sappiamo perfettamente che la conferma arriva immediatamente dopo l’inserimento, quando ti accorgi che ha fatto un ordine in un anno, solo perché ha avuto una richiesta diretta; te ne accorgi quando alla prima vendita va male, perché il venditore non era aggiornato su una variazione e ora è lì che tenta di tener buono il cliente. Pensi che il tuo addetto alle vendite la proporrà ancora?

Motivo 5. Presenza non costante presso il cliente

Alla domanda “cosa apprezzi della tua agenzia preferita?” la prima risposta che ricevo è questa: quando lo chiami, risponde. E pare quindi che la presenza non sia più un fattore così scontato. Sarà che la tecnologia nelle telecomunicazioni ha azzerato le distanze, tra WhatsApp, mail, Telegram e così via, ma pare che niente sostituisca ancora una telefonata fatta entro la chiusura della giornata, come dire: mi occupo di te.

L’agenzia rappresenta oggi un elemento cruciale per lo sviluppo della distribuzione, a detta della quale si tende a preferire persone delle quali ci si possa fidare. Ecco che emerge il fattore umano, a oggi forse l’unico capace di tenere in piedi relazioni di lunga durata.

Intanto, dalla distribuzione arriva la richiesta di una necessaria evoluzione, da una parte tecnologica, dall’altra culturale. Il desiderio di confrontarsi alla pari con un esperto del suo settore che ha la visione di gran lunga più oggettiva della sua e che non parli solo di prodotto e di prezzo.

Abbiamo chiesto allora alla distribuzione stessa cosa vorrebbe dalle agenzie e i distributori ci hanno risposto così.

  1. Stimolazione della domanda dal basso

Con un’adeguata evoluzione tecnologica, la parte relativa a ordini e comunicazioni con le aziende è facilmente implementabile e, anzi, richiesta, da coloro che stanno digitalizzando la loro realtà distributiva. Questo dovrebbe alleggerire il lavoro dell’agente di rappresentanza, che potrebbe assumere invece il ruolo di “colui che genera occasioni e opportunità per il distributore”. Porte aperte a eventi per progettisti, imprese, fiere, comunicazione diretta perché l’agenzia possa generare lead per la distribuzione.

  1. Formazione del personale di vendita

La distribuzione richiede una formazione più orientata alla vendita del prodotto. Una preparazione dei propri addetti alle vendite spostata sulle argomentazioni, anche comparative tra i suoi prodotti e quelli di un altro produttore.

  1. Assistenza pre e post vendita

Se da una parte il distributore riesce ad apprezzare la pronta risposta dell’agenzia in fase post vendita, la sua richiesta alle agenzie è quella di essere altrettanto presenti nel momento della vendita, non solo attraverso la classica telefonata con il cliente davanti, ma con un appuntamento fissato insieme al cliente. Questa richiesta nasce dal fatto che spesso il personale addetto alle vendite non riesce a far emergere il reale valore di un prodotto. La scelta alternativa alla formazione cade così sulla necessità di supporto in fase di trattativa con il cliente finale. Attività particolarmente richiesta per proporre al cliente sistemi Spa, scelta di resine decorative, pergole e arredo outdoor.

  1. Condivisione dei risultati quadrimestrali e ricalibrazione della strategia di vendita

Mentre un distributore ci suggerisce questa richiesta, sorride e aggiunge “in un mondo ideale vorrei parlare di cose che contano, non di prodotto”. Le cose che contano per lui sono i risultati di periodo, non solo i suoi, ma quelli della sua zona. Sono dati che non può ottenere da nessun altro. Non si aspetta di conoscere i volumi di vendita di un concorrente, ma il trend sì. Sapere con la stessa discrezione che ci si aspetta da lui, se gli altri vendono, cosa chiede il cliente privato, che tipo di esposizione converte di più. E una volta analizzati i suoi dati, vorrebbe una proposta per aumentare quei numeri. Una promozione, una comunicazione social, un’idea di esposizione, un nuovo strumento di vendita, una formazione dedicata, insomma un’attività che faccia intuire al distributore l’interesse di sviluppare il suo potenziale di fatturato.

Queste richieste possono tracciare il passo per una importante evoluzione del ruolo delle agenzie, messe ogni anno a rischio e sotto la lente di ingrandimento da qualche top manager che pensa di trasformare la sua rete vendita in una squadra di funzionari diretti.

Varrebbe quindi la pena fare sapere alle agenzie cosa ci si aspetta da loro, anche perché, come scrisse Arthur Miller del 1949 nella sua opera Morte di un Commesso Viaggiatore, “Non calunniate quest’uomo. Willy era un commesso viaggiatore. E se tu fai il commesso viaggiatore non vivi sulla Terra. Non sei il tipo che avvita un bullone o mi legge gli articoli del codice o mi legge una ricetta. Tu lavori così, per aria, aggrappato a un sorriso”.

 

Veronica Verona
Direttrice e formatrice de
L’Accademia dello Showroom

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