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Showroom. Siamo pronti per un cambio di senso?

(foto Adobe Stock)

Siamo arrivati al mese di ottobre e il calo annunciato all’inizio dell’anno lo abbiamo sentito tutti, chi più chi meno, anche negli showroom. Ma d’altronde era inevitabile un calo dei volumi.

Da una parte una domanda drasticamente ridimensionata in seguito al cambio di marcia del superbonus, dall’altra un rientro seppur parziale dei prezzi, che non poteva che tradursi in un ridimensionamento del fatturato. Poi in mezzo a tutto il resto: i margini. Messi a dura prova da una concorrenza che per accaparrarsi un ordine è disposta quasi a tutto.
“Cosa fare per cambiare questo trend discendente?” Ecco la domanda che mi sono sentita porre di più già alla fine del primo trimestre.

Difficile rispondere a questa domanda in un articolo di giornale, ma voglio usare un’espressione che rende l’idea e che ha segnato il successo di molte aziende che hanno approcciato momenti critici come questo: ci vuole un cambio di senso.

Dato che non mi è possibile rispondere alla tua domanda in modo esaustivo, caro titolare di Showroom, desidero però che ti arrivi il concetto che c’è alla base di un cambio di rotta. Il cambio di senso, appunto.

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Come un orologio svizzero 

Se mi volto a guardare l’approccio della maggior parte delle aziende di produzione nella gestione di una “crisi”, ciò che mi si para davanti è un forte orientamento all’innovazione di prodotto. Una ricerca spasmodica verso l’implementazione di una caratteristica tecnica di prodotto capace di superare in performance, prezzo, fattibilità, quello della concorrenza.
E mi viene presto in mente l’evoluzione del mondo dell’orologeria svizzera. Un settore popolato da realtà artigiane, che avevano fatto della misurazione del tempo un’ossessione. Siamo nel 1950, la maestria artigiana degli orologiai svizzeri è famosa in tutto il mondo, non ha rivali. Di fatto si trattava di un monopolio, formato da oltre 1600 artigiani che detenevano il 50% del mercato mondiale.

I produttori tra loro competevano per realizzare orologi sempre più precisi, ovvero capaci di spaccare il secondo di 3, 4, 5 parti. Ogni anno i produttori partecipavano a concorsi che li avrebbero certificati come i migliori dell’anno, rappresentando di fatto questa, come l’unica vera leva commerciale: “Acquista anche tu l’orologio più preciso al mondo!”.
Già, ma quanto sarebbe durato? Un anno forse?
La verità è che ci sarà sempre qualcuno capace di costruire un prodotto più performante del tuo. E probabilmente le risorse che investi in questa attività, potrebbero non essere sufficienti a farti vincere anche l’anno prossimo.
Ora prova a fare questo esercizio, sostituisci l’orologio con il tuo showroom. Lo so l’impatto potrebbe essere forte. Oppure potresti considerare che questa cosa non ti tocca da vicino, d’altronde… tu non fai innovazione di prodotto.
Già, ma anche tu vendi prodotti, e sappiamo bene che quasi mai si parla di esclusiva.
A questo aggiungi che, in un periodo di contrazione della domanda, (causata da un ritorno alla normalità, ricordiamoci che gli ultimi due anni sono stati drogati dal facile accesso ai sistemi di agevolazione fiscale) l’innovazione di prodotto non rappresenta la formula migliore per fare in modo di contrastare il calo di richiesta.

Cambiare il senso del nostro modello d’impresa 

Qualche settimana fa mi confrontavo con una titolare di showroom che mi ha detto: «non sto più vendendo un box doccia! Le persone entrano, chiedono i preventivi, poi comprano dalla Gdo, perché il mio prodotto costa 1500 euro, in Gdo uno lo trova a 600, ed è pure bello! Certo sarà d’importazione, non avrà la qualità di quelli che vendo io… ma intanto loro vendono ed io no!».
Quindi secondo te il problema dove sta? Nel fatto che vendi prodotti di qualità ma il tuo cliente vuole il prezzo, oppure nel fatto che non sai argomentare un prodotto migliore di quello della concorrenza?
Dovremmo ragionare sul fatto che probabilmente non stai attraendo il cliente giusto per te, perché diciamocelo, il cliente che vuole il prezzo da te non ci passa neanche, se l’esperienza che sei in grado di dare è da 10.
Ma sei sicuro che l’esperienza che gli dai sia davvero così migliore rispetto alla Gdo?
E qui, se non vuoi credere alla mia percezione, dovrai purtroppo arrenderti all’evidenza dell’Osservatorio sull’Esperienza in Showroom dell’anno scorso. Che mette nero su bianco la quasi totale assenza di un rito di vendita capace di differenziare la distribuzione specializzata da quella generalista, ma sempre più multispecialistica della grande distribuzione organizzata.
Cambio di senso, cambio di focus: non solo orientamento di prodotto, ma orientamento verso un’esperienza memorabile. Arrivare a fare in modo che i nostri clienti (quelli che decidiamo di servire) vengano da noi per essere al centro di un’esperienza indimenticabile.
Un vero e proprio rito, dall’accoglienza alla consegna, costruito ad hoc per clienti esigenti e disposti a spendere per un servizio, oltre il prodotto.
Questo è un cambio di senso!
Ieri mi trovavo a Torino, stavo proprio uscendo da uno showroom, quando ho visto un grande manifesto verde brillante dall’altra parte della strada. Impossibile non notarlo, è un enorme magnete per tutti gli sguardi che gli passano accanto. È un annuncio per il nuovo spettacolo del Cirque du Soleil.

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Non posso fare a meno di pensare a quanto fosse ironica la situazione. Ecco, proprio di fronte a uno showroom che sembra aver dimenticato l’importanza del cliente, un manifesto che annuncia l’arrivo di una compagnia che ha fatto del cliente il centro del suo modello d’impresa.
Il Cirque du Soleil. Ne hai mai sentito parlare? Un circo che ha rivoluzionato l’idea stessa di circo, che ha saputo reinventarsi in un momento di crisi, che ha capito che il successo non risiede nell’offrire di più di ciò che già esiste, ma nel mettere i clienti al centro dell’esperienza, comprendendo le loro reali necessità.
Se il Cirque du Soleil si fosse limitato a riproporre la stessa formula dei circhi tradizionali, avrebbe avuto vita breve. Sarebbe stato facilmente fagocitato da un circo più grande che offriva di più della vecchia offerta a un prezzo più basso. Ma invece di cercare di competere su un terreno già battuto, il Cirque du Soleil ha scelto di creare un nuovo terreno di gioco. Ha scelto di innovare, di reinventare l’idea stessa di circo.

Da showroom a esperienza memorabile 

Torniamo al nostro settore adesso, e se fossi tu il prossimo a reinventare l’idea stessa di showroom?
Continuare a lavorare come se il mercato fosse cristallizzato a quello di 20 anni fa, come se ci fossero ancora gli incentivi statali a stimolare gli acquisti, come se non esistesse il canale online che non conosce barriere o la Gdo che distrugge la concorrenza massacrando i margini di vendita, è semplicemente la scelta di uno struzzo suicida.

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Ridefinire la propria offerta in termini di esperienza significa ripensare profondamente i servizi di consulenza offerta, la creazione di ambienti espositivi immersivi che permettano ai clienti di “vivere” i prodotti, o l’organizzazione di eventi e workshop per coinvolgere e formare i clienti.
Questo è il cambio di senso del nostro modello di impresa: da showroom inteso come luogo di accesso al prodotto a esperienza semplificata e memorabile di realizzazione del sogno di casa.
Perché di questo si tratta: semplificare un’articolata scelta di materiali e farlo in un modo che si ricorderanno tutta la vita.
Ma non voglio congedarmi con proposte che volano “troppo in alto”, voglio ispirarti piuttosto, con 5 domande alle quali solo tu, come imprenditore che conosce la sua realtà e il suo mercato, può rispondere:
1. Quale esperienza vive il tuo cliente tipo quando entra in relazione con la tua azienda?
2. Ci sono elementi del tuo servizio che potrebbero essere potenziati ben oltre gli standard del settore dell’edilizia, per creare un valore aggiunto per il cliente?
3. Chi sono i non-clienti del tuo settore e cosa potresti fare per attirarli?
4. Come potresti utilizzare la tecnologia per migliorare l’esperienza del cliente nel tuo showroom?
5. Come potresti creare un’esperienza di acquisto nel tuo showroom che sia così unica e coinvolgente da far sentire i tuoi clienti parte di qualcosa di speciale, al punto da volerla condividere con gli altri?
Se poi stai pensando che non è possibile ricorda questa frase: tutti pensano che una cosa sia impossibile, fino a quando arriva il loro concorrente che la pensa diversamente e la realizza.
Ora scegli tu da che parte stare.

L’intuizione di Laliberté

Per comprendere appieno l’innovazione del Cirque du Soleil, dobbiamo prima esaminare il contesto in cui è nato. Negli anni ’80, l’industria del circo è in crisi. I circhi tradizionali, con i loro leoni ruggenti, i trapezisti volanti e i pagliacci, stavano perdendo pubblico. La gente era stanca dei vecchi trucchi e desiderava qualcosa di nuovo, di diverso. Videogame e vhs portano l’intrattenimento nelle case, mentre il cinema polverizza gli incassi degli impresari teatrali e circensi. Inoltre, c’erano crescenti preoccupazioni per il benessere degli animali utilizzati negli spettacoli, che stavano allontanando ulteriormente il pubblico. Il circo era ormai considerato roba vecchia.
Il big del settore a livello mondiale è l’unico che continua a resistere, a costo di margini sempre più ridotti. Le realtà più piccole si limitano a imitarlo su piccola scala, ma poi abbassano il sipario e molti spengono le luci.
In questo scenario, un gruppo di artisti di strada del Quebec, guidato da un giovane visionario di nome Guy Laliberté, aveva un sogno: creare un nuovo tipo di spettacolo, un circo che riaccendesse la meraviglia nei cuori del pubblico e desse nuova linfa a uno spettacolo morente.
Ma come potevano competere con in un mercato saturo? La risposta era semplice: non avrebbero dovuto competere affatto.
Se lo avessero fatto, sarebbero stati calpestati ancor prima di iniziare.
E così nacque il Cirque du Soleil un circo senza animali, senza domatori o mangiafuoco, ma che combinava le arti circensi con la musica, la danza e le arti visive. Un circo che fosse più di un semplice intrattenimento, ma un’esperienza emotiva coinvolgente.
Invece di puntare su numeri più grandi e più audaci, si concentrarono sulla creazione di un’esperienza unica e coinvolgente. Ogni spettacolo era una storia, un viaggio in un mondo fantastico pieno di personaggi straordinari e scenografie mozzafiato. La musica, composta appositamente per ogni spettacolo, non era solo un accompagnamento, ma una parte integrante della narrazione.
Fu un cammino facile? Assolutamente no. Solo l’idea di pensare ad un circo senza animali… si poteva davvero continuare a chiamarlo circo? I primi anni furono segnati da difficoltà finanziarie e sfide logistiche. Ma Laliberté e il suo team non si scoraggiarono. Credevano nel loro sogno e lavorarono instancabilmente per realizzarlo.
E il loro duro lavoro fu ripagato. Oggi, il Cirque du Soleil è uno dei nomi più riconosciuti nel mondo dell’intrattenimento, con spettacoli che affascinano milioni di spettatori in tutto il mondo. Ma più di tutto, hanno cambiato il modo in cui oggi pensiamo al circo.
L’intuizione geniale di Laliberté fu quella di cogliere l’essenza del settore in cui concorreva: le persone non pagavano il biglietto per vedere i leoni, i giocolieri o i pagliacci. Non erano alla ricerca di un circo più grande, con più animali o più acrobati. Ciò che cercavano, ciò che desideravano veramente, era un’esperienza unica e coinvolgente, un viaggio in un mondo fantastico che li facesse sognare e li toccasse emotivamente per un paio d’ore. Per questo erano disposti a spendere, anche più di quanto non facessero per un circo tradizionale.
Ma soprattutto, sono stati in grado di aprire le porte a un mercato del tutto nuovo. Se fino a quel momento il circo era visto come un intrattenimento per bambini, dove gli adulti per forza di cose erano trascinati ad entrare, adesso lo spettacolo era ripensato in prima battuta per attrarre mamma e papà.