CAPITANE CORAGGIOSE 2024. La vie en rose dell'edilizia

Il passaggio di testimone in edilizia

Quali sono le intenzioni di successione dei giovani appartenenti alle famiglie imprenditoriali italiane delle costruzioni?

Veronica Verona
Veronica Verona

A tracciare il quadro ci pensa Veronica Verona, direttrice e formatrice de L’Accademia dello Showroom. «Osservando il database dei nostri corsisti di tutta Italia, posso dire con ragionevole certezza che relativamente all’attività di rivendita a banco la percentuale delle donne è piuttosto modesta. Mentre quando parliamo di showroom e finiture per l’edilizia, le donne superano il 70%». Il dato su cui Verona invita a riflettere è però quello della fascia media di età: «Oggi larga parte delle donne che si occupano delle vendite hanno un’età compresa tra i 40 e i 60 anni; c’è da chiedersi quale sia il motivo per cui quale non si stia verificando un allargamento di questa base demografica. Di sicuro il lavoro richiede impegno e responsabilità decisamente più alte, rispetto a settori differenti da quello edile. Per questo dovremmo investire proprio nella fascia d’età delle più giovani, per farci trovare pronti a interpretare i nuovi gusti e le nuove tendenze dell’abitare».

In generale, aggiunge la direttrice, «è curioso constatare come effettivamente si riesca a distinguere uno showroom curato da una donna da quello gestito (uso volutamente due verbi diversi) da un uomo. Credo ci sia un approccio differente allo stesso ruolo, che trova radici in variabili diverse, come l’età, il contesto socio-culturale e un ovviamente un aspetto biologico. Gli showroom curati dalle donne hanno un aspetto più ordinato, maggiore armonia nei colori e nei volumi nelle loro esposizioni. Ma farei una generalizzazione se affermassi che ci sono delle differenze in termini di visione o strategie di gestione». Sicuramente le donne del mondo edile sono «molto determinate e focalizzate, sanno di cosa parlano e hanno alte competenze tecniche e di posa. Il settore non è facile, perché necessita conoscenze trasversali e spesso tipicamente riservate a chi opera materialmente nel mondo delle costruzioni; queste donne però sanno di essere capaci, anche se magari non sono sufficientemente valorizzate nel loro ruolo, ma la loro identità è forte».

Storie ed esperienze delle protagoniste della distribuzione

Marta Fortunato. Prospettiva e approccio innovativo

Marta Fortunato
Marta Fortunato

La passione per il settore edile è stato il motore che ha spinto Marta Fortunato a entrare nell’azienda di famiglia, la Fortunato Rivendita Edile, parte di Gruppo Made, a soli 22 anni. Dal magazzino all’attuale ruolo di responsabile e consulente tecnica, Marta Fortunato, oggi ventottenne, ha trasformato la rivendita edile in un punto di riferimento per i clienti, aumentando l’offerta di prodotti e introducendo servizi innovativi come lo showroom. «Il mio impegno è stato guidato dalla convinzione che un cliente soddisfatto non solo genera passaparola positivo ma contribuisce anche al successo a lungo termine dell’azienda. La mia missione è offrire consulenza professionale e guidare i clienti nella scelta di soluzioni su misura per le loro esigenze». Una missione spinta dalla volontà e dal desiderio di contribuire in prima persona alla crescita e all’evoluzione dell’azienda di famiglia; una sfida che si è rivelata un’opportunità unica per provare a «fare la differenza e crescere professionalmente all’interno di un contesto familiare che valorizza la dedizione e la passione per il lavoro».

Un percorso in cui non sono mancate le diffidenze iniziali: «Ho dovuto affrontare situazioni in cui la mia presenza come giovane donna è stata sottovalutata e superare diversi preconcetti per dimostrare la mia competenza in un ambiente dove il ruolo del titolare è spesso associato a una figura maschile. Attraverso l’impegno costante, la determinazione e il desiderio di apprendere ho gradualmente guadagnato rispetto e riconoscimento. Oggi sono orgogliosa di dire che ho conquistato la mia posizione all’interno dell’azienda, con la soddisfazione che i clienti mi cercano direttamente. Un segno tangibile che il mio lavoro, la mia dedizione e la mia expertise sono riconosciuti e apprezzati, dimostrando come la leadership nel mondo dell’edilizia non ha confini di genere». Anzi, la presenza di una figura giovane e femminile rappresenta un punto di forza per imprimere all’azienda una visione più moderna e orientata al futuro e raggiungere obiettivi importanti, il tutto apportando un «tocco di freschezza e innovazione. La diversità di prospettiva è un vantaggio, e la mia visione femminile si riflette nell’attenzione ai dettagli, nella cura per le esigenze dei clienti e nella volontà di superare le aspettative, oltre a tradursi in un ambiente di lavoro inclusivo e collaborativo, in un servizio orientato al cliente, basato sulla fiducia, sulla trasparenza e sull’ascolto, contribuendo così a differenziare positivamente la nostra azienda». La nuova generazione femminile sta così ridefinendo il concetto tradizionale di rivendita, attraverso un approccio innovativo e una prospettiva fresca «cogliendo e sfruttando, ad esempio, il potere della presenza online, per creare una connessione più diretta e personale con la clientela, per rendere l’esperienza di acquisto non solo moderna e accessibile ma anche coinvolgente e interattiva», conclude la Fortunato.

Michela Merighi. L’importanza di una visione a 360 gradi

Michela Merighi
Michela Merighi

Amministratore unico di Merighi srl, rivendita di materiali edili di Cento (Fe) parte del Gruppo Dec, Michela Merighi, 50 anni, ha legato il suo percorso al mondo dell’edilizia sin da giovane, durante gli studi delle scuole superiori, quando si occupava dell’amministrazione dell’impresa di movimento terra del padre Agostino, oggi gestita dal fratello Andrea. «Nel 2004, insieme alla mia famiglia – racconta – ho creato la Merighi srl rivestendo da subito il ruolo di amministratore unico. Dopo il diploma di ragioneria e l’esperienza lavorativa accanto a mio padre ho pensato di essere in grado di affrontare quest’importante sfida». Una sfida con sé stessa ma soprattutto contro i pregiudizi che attanagliano il segmento edile, un settore in cui essere donna non è semplice: «Purtroppo in questi anni è capitato più volte di dovermi interfacciare con clienti poco rispettosi del mio ruolo in quanto donna. Alcuni di loro faticano ad accettare che sia io il capo dell’azienda e il riferimento con cui parlare di aspetti tecnici, e anche delicati, di forniture e pagamenti. Ci si aspetta che il titolare sia un uomo». Diversa invece l’accoglienza dei collaboratori: «Sono stata davvero fortunata perché ho trovato da subito dei collaboratori preziosi e in gamba che mi hanno supportato e affiancato sin dal principio di questo difficile percorso. È anche grazie a loro se oggi la mia azienda è diventata una realtà importante e un punto di riferimento per il territorio». Non meno determinante, per il successo del punto vendita di Cento, l’approccio e la visione tipicamente femminile con cui Michela Merighi ha modellato la sua attività: «Essere donna può influenzare positivamente tutta la gestione e il raggiungimento degli obiettivi aziendali, dal momento che noi donne sappiamo pensare a 360 gradi e valutare più aspetti contemporaneamente. L’occhio femminile fa la differenza all’interno di un settore prettamente maschile e all’interno di una rivendita, non solo nella gestione ma anche nell’esposizione e nell’organizzazione dell’offerta. Nel mio piccolo, per esempio, ho dedicato una piccola parte della mia rivendita all’arredo del giardino con un’attenzione particolare a prodotti e soluzioni ricercate e di qualità. Oltre a questo, mi piace molto organizzare incontri con i clienti, abbinare il lavoro alla convivialità, ad esempio unendo corsi di formazione con i fornitori a un aperitivo o a una cena, creando così occasioni per fare rete, conoscersi e confrontarsi in un clima distensivo e instaurare con i clienti un rapporto di fiducia e in alcuni casi anche di amicizia».

Nel futuro, Michela Merighi vede «un’edilizia con sempre più donne, un passaggio che diventerà naturale con il tempo; forse ci vorranno più anni rispetto ad altri settori, ma ce la faremo».

Caterina Nessi. L’opportunità di fare la differenza

Caterina Nessi
Caterina Nessi

«Prima del 2017 – racconta Caterina Nessi, 33 anni e direttrice generale di Eternedile spa – non avrei mai immaginato il mio ingresso nell’azienda di famiglia. Le esperienze lavorative precedenti (nella divisione digital marketing di gruppi del ramo fashion, ndr) sono state estremamente gratificanti e stimolanti ma al tempo stesso mi hanno fatto capire che la necessarietà di dovermi focalizzare su un unico ruolo per diversi anni per poter fare carriera era in contrasto con la mia indole multitasking e trasversale. Nel momento in cui mio padre mi ha proposto l’ingresso in azienda, in occasione dell’acquisizione della società Vemac, ho visto una grande opportunità di crescita professionale e ho sentito un forte senso di responsabilità per portare avanti un importante progetto della nostra famiglia.

Inoltre, sono rimasta colpita dall’entusiasmo di mio fratello Federico, all’epoca in azienda già da cinque anni, che è riuscito a trasmettermi il potenziale che aveva, e che ha tuttora, la nostra attività e ho sentito di poter dare il mio contributo concreto a diversi livelli dell’organizzazione, trasferendo ciò che avevo imparato nelle mie esperienze precedenti». Da subito chiamata a ricoprire un ruolo manageriale e poi dirigenziale, Caterina Nessi non ha incontrato grandi difficoltà per il fatto di essere donna e giovane, ma anzi la sfida è stata quella di dimostrare di essere capace proprio a prescindere dall’età e dal sesso, anche se essere membro della famiglia Nessi «ha senz’altro aiutato, innegabilmente. Se non avessi avuto questo cognome, in quanto donna sarebbe stato più complicato dimostrare le mie qualità. È capitato, anche se raramente, di percepire un trattamento diverso, in quanto donna, da parte dei fornitori, ma, il più delle volte ho cercato di usare questa carta a mio favore, sfruttando proprio le qualità intuitive prettamente femminili». Essere giovane e donna, secondo la direttrice generale di Eternedile, «mi consente di osservare questo settore con uno sguardo diverso da come potrebbe fare un uomo, cogliendo spesso sottigliezze, dettagli e aspetti molto spesso trascurati. La donna non è migliore dell’uomo o viceversa, siamo semplicemente diversi e insieme siamo una forza». Sicuramente, all’interno di una rivendita o comunque in un ruolo tecnico-commerciale la componente femminile vanta grandi «capacità di ascolto e al contempo di comunicazione. Il cliente ha piacere a confrontarsi con una donna in grado trasmettere sicurezza dal punto di vista tecnico. Le donne sono molto precise non solo a livello di comunicazione ma anche dal punto di vista pragmatico nella gestione di un punto vendita». Per favorire l’ingresso nel mondo dell’edilizia delle nuove generazioni di ragazze per Caterina Nessi è fondamentale «partire dalle scuole, dalle ragazze che stanno studiando o che hanno intenzione di studiare per diventare tecnici, geometri, architetti, ingegneri e abbattere lo stereotipo per cui un lavoro tecnico o tecnico-commerciale sia di competenza prettamente maschile. Bisogna dire alle bambine non solo quanto sono belle, ma quanto sono brave e intelligenti, fin da piccole!».

Alessia Orsolini. Scardinare il pensiero tradizionale

Alessia Orsolini
Alessia Orsolini

Prima tra i nipoti della famiglia Orsolini a entrare in azienda all’età di 24 anni, Alessia Orsolini, 53 anni e oggi direttore finanziario, inizialmente ha coniugato il lavoro in rivendita con la professione di avvocato, per poi dedicarsi totalmente all’impresa di famiglia nella divisione amministrativa. La sfida maggiore, nei 30 anni di carriera in Orsolini spa, è stato «conciliare e bilanciare la vita familiare e quella in ufficio. All’inizio è stato difficile far comprendere che una donna volesse occuparsi della sua famiglia senza rinunciare alla vita professionale, la tradizione e lo scenario culturale erano diversi. Seppure in un’ambiente familiare e aziendale moderno, come il nostro, introdurre questa visione di conciliazione dei due ambiti è stato a volte complicato. Ho fatto un po’ da apripista, la mia generazione ha scardinato il pensiero tradizionale e il modo di concepire il lavoro di allora». Nonostante ciò, entrare in azienda, per Alessia Orsolini, è stato «molto naturale perché ho avuto la fortuna di avere genitori attenti che mi hanno permesso di ricoprire un ruolo in azienda solo quando sono stata all’altezza di poterlo fare». Un ruolo in cui «l’approccio femminile aiuta a creare armonia, come sottolinea la Orsolini: «Nonostante i luoghi comuni, penso che la presenza femminile favorisca solidarietà e unione; le donne si dedicano maggiormente alla costruzione di relazioni basate sul dialogo valorizzando le risorse umana e creando ambienti di lavoro efficienti e team più solidi e collaborativi. Le donne in edilizia sono ancora troppo poche ma con il tempo il gap si assottiglierà. Sarà compito nostro mostrare alle giovani il lato bello dell’edilizia e il valore, anche sociale, di un comparto rilevante, che ha un ruolo strategico nella qualità di vita delle nostre comunità anche in ottica di sostenibilità e sicurezza».

Per quanto riguarda, invece, il passaggio di testimone alle nuove generazioni, il direttore finanziario di Orsolini ha le idee chiare: «Non penso che il problema del ricambio generazionale in edilizia dipenda esclusivamente dalle nuove leve. Nella mia esperienza, ad esempio, l’amore per questo lavoro e per l’azienda mi è stato trasmesso da mio padre e da mio zio e credo che chi, per primo, dà vita all’attività imprenditoriale debba farla percepire come “bella” e rendere partecipe la nuova generazione. Il che non significa dare semplicemente “in eredità” un’azienda, ma trasmettere il senso di responsabilità necessario e permettere ai giovani di lavorare e di sbagliare». Per Alessia Orsolini, inoltre, più che di cambio generazionale bisognerebbe parlare «di convivenza generazionale: un imprenditore a capo di un’azienda – anche e soprattutto nel settore edile – non smetterà forse mai di esserlo e quindi bisogna trovare il modo di far convivere due stili imprenditoriali e due generazioni, in modo che le due visioni siano contestuali e complementari e non sostitutive una dell’altra; ed è quello che è successo da noi. In Orsolini le generazioni si confrontano e si sostengono, si proteggono e si arricchiscono a vicenda tramandando conoscenza e apportando innovazioni e qui sta parte del nostro segreto».

Monica e Lorena Poduti. Intuito e lungimiranza

Monica e Lorena Poduti
Monica e Lorena Poduti

Responsabile amministrativo di BigMat Colamariani&Poduti di Roma, Monica Poduti, 44 anni, ha avviato il suo percorso lavorativo nel mondo dell’avvocatura, praticata per dieci anni, per poi intrecciarlo, dal 2007 con l’attività di famiglia dapprima sempre come avvocato e successivamente nel ramo amministrativo contabile. Oggi volto istituzionale dell’azienda negli eventi esterni, impegnata anche nella gestione delle risorse umane, all’inizio Monica Poduti si è scontrata con la «diffidenza di alcuni colleghi e clienti rispetto al ruolo assegnatomi, con un’iniziale circospezione per il timore che fossi stata inserita in azienda e con quella posizione solo esclusivamente in quanto “figlia di….”». Un’iniziale resistenza respirata anche all’interno della famiglia: «Potrebbe sembrare paradossale ma l’ostacolo più grande che ho dovuto affrontare nel ricoprire un ruolo di responsabilità e direzione è stato convincere mio padre – uomo tutto d’un pezzo e fortemente tradizionalista – che le donne hanno una grande forza interiore, grinta e voglia di rivalsa e che sono capaci tanto quanto gli uomini e, in alcuni casi forse anche più. Ma anche mio padre ha compreso che potevo superare lo scetticismo della preponderante componente maschile del nostro settore, così come sfidare le tradizioni ormai radicate nel tempo». Una sfida combattuta e vinta grazie al carattere determinato e positivo, alla caparbietà e alla volontà di mettersi sempre in gioco che le hanno permesso di contrastare lo scetticismo e «trovare un punto d’incontro e creare un team e una squadra coesa che aspira sempre a migliorarsi. È stato poi strategico trovare un punto di equilibrio con mia sorella Lorena (responsabile commerciale, ndr) nella gestione delle attività aziendali, affinché ciascuna di noi potesse avere un’equa suddivisione delle competenze e delle autonomie e un proprio spazio in cui crescere, per lavorare in modo efficiente e in armonia. Sono anche molto soddisfatta dell’essere riuscita a coordinare la vita da imprenditrice con quella di madre di quattro figli». Impegnata in prima persona in un percorso di formazione manageriale continua, per accrescere le proprie competenze in linea con le evoluzioni del comparto edile, la responsabile di BigMat Colamariani&Poduti guarda al futuro con forte spirito di innovazione: «Io e mia sorella siamo pronte per continuare a portare in azienda il nostro tocco e il nostro punto di vista femminile con un approccio orientato al digitale e sicuramente alla sostenibilità».

Lo dimostra anche Lorena Poduti che è riuscita a calare l’intuito e la lungimiranza femminile nell’attività quotidiana, soprattutto dello showroom: «Sebbene il nostro ambiente lavorativo sia prevalentemente maschile, anche come pubblico, abbiamo molto investito nelle finiture e negli showroom d’interni e la clientela è così cambiata nel tempo: sono aumentati i privati e quindi anche il target femminile e quello giovane, un pubblico sempre più informato e più esigente. Dapprima eravamo riconosciuti come rivendita solo per professionisti, oggi invece anche come rivendita per privati e il “tocco” femminile si è fatto sentire nella redazione del progetto, nella scelta dei fornitori e nell’esposizione, con l’introduzione anche di un segmento un po’ inusuale, pensato per le nostre clienti donne e professioniste, ovvero l’abbigliamento femminile. Abbiamo infatti intercettato da parte di architetti e progettiste la necessità di trovare un abbigliamento pratico e comodo quando effettuano sopralluoghi in cantiere quindi abbiamo provato a unire alla visita in showroom anche un po’ di sano shopping».

Lucrezia Vivian. Accorciare le distanze e favorire un approccio alla pari

Lucrezia Vivian
Lucrezia Vivian

Si potrebbe definire un’azienda “in rosa”, la De Masi srl, fondata da Giovanni De Masi e dalla moglie Maria d’Onofrio e ora guidata dalle sorelle Carmela, Angela e Francesca affiancate dalla trentunenne Lucrezia Vivian, figlia di Carmela. Appassionata sin da bambina di disegno e di costruzioni, dopo aver studiato Design e dopo un’esperienza in uno studio di architettura, ha cominciato l’avventura nell’azienda di famiglia nel 2015, seguendo le piccole ristrutturazioni, occupandosi dei rapporti con il cliente, dei progetti e della loro realizzazione, per poi dedicarsi alla vendita di soluzioni per l’arredo bagno, gli spazi benessere, le superfici e i rivestimenti. Un percorso che ha suscitato «un desiderio di voler raccontare l’anima dell’azienda e trasmetterla attraverso progetti, canali di comunicazione e formazione, anche ai nuovi collaboratori che lavorano nei nostri punti vendita. Oggi il mio ruolo è quello di unificare il linguaggio tra le due sedi (showroom ed edilizia) e implementare e diffondere progetti volti ad accrescere l’immagine dell’azienda sia online sia offline». Non sono mancate, soprattutto inizialmente, le difficoltà: «In primis quando molto giovane seguivo i cantieri; essere considerata una figura professionale valida e far rispettare il progetto nella sua totalità è stata una grande lotta. Nella vendita ho riscontrato molta diffidenza da parte dei clienti, soprattutto da imprese professionali e famiglie; ai loro occhi risultavo quasi invisibile, preferendosi rivolgere all’istante al personale maschile che dava loro un immediato senso di sicurezza. Ci è voluto molto tempo per essere accolta dai clienti e dai fornitori ma anche da me stessa; il forte timore di non essere all’altezza del ruolo che rivestivo, unito al dubbio di essermelo meritata veramente, è stato spesso fonte di insicurezze». Per Lucrezia Vivian è importante «incentivare il passaggio generazionale femminile cominciando a sfatare la convinzione che il settore edile sia un campo prettamente maschile. Credo che il modo migliore per renderlo più accessibile e affabile sia quello di accorciare le distanze e creare un approccio alla pari. Le nuove generazioni potranno portare una bella dinamicità e un cambio quasi rivoluzionario, grazie alla loro attenzione ai “veri bisogni” che porterà il mondo edile verso una visione più consapevole e più sostenibile. Essere coraggiosi nei cambiamenti porterà a diversificare molte scelte merceologiche, prediligendo la qualità a discapito della velocità e di soluzioni non più tollerabili per il pianeta. In questo sarà vincente la figura delle donne, rivelatrici illuminate, generalmente più attente ai cambiamenti e più sensibili agli stimoli che le circondano. L’intuito è una caratteristica fondamentale per poter captare quelli che saranno i futuri stili di vita, o in che direzione andrà la tecnologia dei nuovi materiali, quali saranno le nuove emozioni e i valori da sollecitare».

Essere capitane coraggiose in edilizia

Multitasking, determinate, audaci, precise e versatili: ecco alcuni tratti distintivi delle “Capitane Coraggiose” del mondo dell’edilizia, come ci raccontano alcune delle protagoniste di questo settore.

Per Alessia Orsolini «una capitana coraggiosa deve essere entusiasta, avere molta energia, essere aperta verso gli altri e perché no… avere anche una buona dose di incoscienza».

Abbracciare le sfide con determinazione, grinta, intraprendenza e una visione innovativa è il pensiero di Marta Fortunato, secondo cui le capitane coraggiose sono animate dal «desiderio di ispirare altre donne a intraprendere una carriera nell’edilizia, dimostrando che ognuna ha il potenziale per eccellere in questo settore e per essere una fonte di cambiamento positivo».

Una responsabilità che sente in particolar modo Veronica Verona: «Essere capitane coraggiose significa tracciare la strada per le donne che verranno dopo di me, anche nella consulenza».

E proprio la necessità di avere modelli a cui ispirarsi è sottolineata da Caterina Nessi: «Se c’è un motivo per cui l’edilizia è uno dei settori più arretrati è perché mancano tante donne che possano dare il loro contributo».

L’esempio di altre figure femminili è importante anche per Lucrezia Vivian: «Vivo quotidianamente con l’esempio di mia madre, Carmela De Masi, che sempre dimostrato lungimiranza e una forza d’animo travolgente, senza mai arrendersi di fronte alle difficoltà. Un modello di integrità, correttezza e onestà a cui ispirarsi».

Non temere le difficoltà che si presentano è essenziale anche per Monica Poduti, che aggiunge: «Essere una capitana coraggiosa significa essere in grado di anticipare e far propri i cambiamenti del mercato, saper rinnovarsi e non smettere mai di investire nelle proprie competenze e in se stesse, saper fare scelte difficili ma giuste per l’azienda senza temere critiche». Altra importante peculiarità è la caparbietà, fondamentale per assumere «ruoli importanti e faticosi, come quello che rivesto che a volte ancora mi spaventa, non solo perché svolto in un settore come quello dell’edilizia ma anche perché oggi avere un’attività in Italia è davvero una sfida» conclude Michela Merighi. 

I consigli per le capitane di domani

«Alle nuove generazioni di donne dell’edilizia consiglio di accettare la sfida, di non farsi scivolare addosso l’opportunità di fare la differenza, ma di coglierla a pieno. Siate coraggiose, sfidate in primis voi stesse e seguite i vostri sogni senza condizionamenti», suggerisce Caterina Nessi alla quale fa eco Marta Fortunato: «Alle giovani donne vorrei consigliare di abbracciare la propria passione e di non temere di sfidare gli stereotipi di genere. Siate fiduciose nelle vostre capacità e non lasciatevi scoraggiare dalle eventuali diffidenze iniziali. La vostra voce e il vostro contributo sono preziosi per il settore. Siate proattive, la vostra determinazione e il vostro impegno contribuiranno non solo al vostro successo individuale, ma anche a ridefinire il ruolo delle donne nel settore edile per le generazioni future».

Voglia di mettersi in gioco e una formazione continua sono gli ingredienti essenziali per Alessia Orsolini: «Studiare e trovare la propria strada facendo esperienze diverse e soprattutto, per chi nasce in un contesto aziendale di stampo familiare, credo sia importante sperimentare e lavorare in altre realtà per prendere consapevolezza delle proprie competenze e inclinazioni».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Monica Poduti: «Alle nuove generazioni direi di non sentirsi mai inferiori o meno capaci degli uomini. Devono credere in loro stesse e nelle loro capacità e investire in cultura e istruzione perché la prima forma di libertà nasce proprio dalla conoscenza».

Preparazione e conoscenza sono fondamentali anche per Lucrezia Vivian: «Senza diventa difficile non essere vulnerabili e in balia degli eventi, bisogna avere una rotta da seguire, crederci e fare in modo che ci credano anche gli altri. D’altronde essere curiose è una forte attitudine femminile, e continuare a esserlo in ogni ambito può solo che aiutare».

Allenarsi «all’assertività e alla franchezza, senza giri di parole» è il suggerimento di Veronica Verona, per la quale «non si deve dimostrare niente a nessuno, ma solo credere in ciò che si fa e ascoltarsi».

Per Michela Merighi costanza e dedizione ripagano sempre: «Noi donne siamo in grado di ricoprire ruoli di comando in ogni settore, se ci siamo riuscite in un ambito come l’edilizia, tutto il resto risulta più semplice».

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