Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Giordania e Palestina, Libano, Siria, Turchia: gli stati non europei gravitanti attorno al Mediterraneo sommano oggi una popolazione di circa 340 milioni di persone.
In queste nazioni – specie quelle del Nord Africa, le più vicine all’Italia meridionale – l’incremento demografico è nell’ordine del 2% annuo, perciò entro il 2050 la loro popolazione sarà quasi raddoppiata.
Nonostante le notevoli differenze esistenti fra i singoli stati, e anche al loro interno, in generale si tratterà per la maggior parte di persone “in attività” (con età compresa fra 15 e 64 anni), mediamente ben istruite e residenti principalmente in aree urbane, che costituiranno un mercato estremamente interessante per tutti i principali beni di consumo e caratterizzato da dinamiche espansive.
Oltre al potenziale in termini di opportunità commerciali, gli stati del Mediterraneo meridionale e orientale sono generalmente ricchi di risorse naturali. Creare una sempre maggiore integrazione degli scambi commerciali fra le diverse sponde del Mediterraneo significa porre le basi per operare in un mercato con potenzialità di sviluppo simili, se non superiori, rispetto a quelle dell’Europa del secondo dopoguerra.
Secondo dati della Banca mondiale, infatti, il Pil pro-capite dei paesi del “vicinato meridionale UE” è stato in media 6 volte inferiore rispetto alla media dell’UE, ma trattandosi di nazioni in via di sviluppo il loro tasso di crescita è strutturalmente più sostenuto rispetto al nostro. Dal punto di vista strategico, l’area del Mediterraneo meridionale e orientale è il mercato in espansione a noi più vicino.
Opportunità di business
Una pubblicazione del Centro Studi di Confindustria conferma che l’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa) possiede fattori di attrazione notevoli, tali da renderla appetibile come nuova “terra promessa del business” per le imprese italiane. I paesi Mena rappresentano il secondo mercato di destinazione per le Pmi esportatrici, anche in termini di valore, e le imprese italiane detengono la quarta posizione come quota di mercato dopo Usa, Cina e Germania.
I legami economici e commerciali sono già molto stretti: il 10% dei capitali italiani investiti all’estero è impegnato proprio nei paesi Mena (contro appena l’1,4% mobilitato, ad esempio, dalle imprese tedesche). L’Italia, in particolare, fornisce servizi ad alto contenuto tecnologico e di design: fra i prodotti più esportati troviamo manufatti tessili e in pelle, calzature, gioielli, arredi, macchinari e armi, ma non i prodotti da costruzione. Eppure, l’edilizia costituisce l’innesco più efficace dei cicli di sviluppo economico. Personalmente ritengo che i distributori italiani, specie quelli attivi al Sud, abbiano molto da guadagnare dall’aumento della cooperazione con i paesi situati sulle altre sponde del Mediterraneo.
I distributori del Sud possono e devono diventare il vettore di una parte fondamentale dello sviluppo dei paesi dell’area mediterranea extra Ue. La stessa posizione geografica rende l’Italia una piattaforma logistica naturale per l’intero Mediterraneo.
Questa condizione di vantaggio dovrebbe essere mantenuta e rafforzata con importanti investimenti, mirati a creare un’efficiente rete di trasporto intermodale, perciò è nostro compito creare una domanda di servizi logistici tale da giustificare quegli investimenti.
Parallelamente il mondo dell’edilizia – e in particolare i distributori, che sono al centro della filiera delle costruzioni – devono concorrere all’attivazione delle altre potenzialità presenti nei nostri territori, a partire dalle istituzioni formative come scuole edili, università, centri di ricerca, ecc., in grado di sostenere dal punto di vista culturale e tecnico lo sviluppo delle opportunità di business che si trovano già ora sulle altre sponde del Mediterraneo.
Le basi della collaborazione
Per queste ragioni le associazioni di rappresentanza della imprese dovrebbero promuovere una conferenza delle organizzazioni e delle aziende della distribuzione attive nei paesi del Mediterraneo, incentrata sui temi della qualità delle costruzioni, del recupero dei centri urbani, della sostenibilità energetica e ambientale e della sicurezza antisismica, coinvolgendo chi opera nei mercati dell’Europa meridionale (Grecia, Malta, Cipro, ecc.), dell’Africa settentrionale, del Medio Oriente e dei Balcani.
L’obiettivo è porre le basi di una concreta collaborazione fra le imprese del nostro settore, specie per quelle del Mezzogiorno che, oltre alla prossimità geografica, presentano una più accentuata complementarità rispetto alle realtà locali del resto del Mediterraneo, ad esempio per quanto attiene gli aspetti legati alla tematiche climatico-ambientali e tecnologico-costruttive.
Oltre a incrementare i traffici attestati sulle infrastrutture portuali disseminate lungo le coste del Mezzogiorno, la creazione di stabili e proficue relazioni commerciali nell’ambito dei materiali edili potrebbe stimolare anche l’industria, nella creazione di centri di ricerca e di stabilimenti produttivi insediati nelle regioni del Sud Italia.
I distributori del Sud Italiano non devono lasciarsi sfuggire l’opportunità rappresentata dai mercati del Mediterraneo.
Ue e Mediterraneo: un’occasione di sviluppo
Le iniziative intraprese dall’Unione Europea non hanno condotto alla creazione di solidi rapporti commerciali con gli altri paesi del Mediterraneo. Il primo passo fu compiuto nel 1995: il Processo di Barcellona avrebbe dovuto porre le basi di un’area euro-mediterranea di libero scambio entro il 2010, ma ha portato solo alla stipula di accordi di associazione bilaterali.
Nel 2004 fu sottoscritta a Caserta la Carta Euro-Mediterranea per le imprese, che definiva principi comuni per le politiche imprenditoriali dei diversi stati, per creare condizioni favorevoli per lo sviluppo degli investimenti. Nel 2008, il Progetto di Unione per il Mediterraneo prevedeva la realizzazione di progetti infrastrutturali nei settori dell’energia, della gestione delle acque e dell’ambiente, dei trasporti e dello sviluppo urbano sostenibile.
Ciò nonostante, secondo la Commissione Europea – DG Trade, la regione del vicinato meridionale rappresenta meno del 10% degli scambi commerciali dell’Unione Europea con i paesi esteri (esportazione circa 173 miliardi di euro, importazione circa 150 miliardi), ma il commercio intra-regionale è pari a solo il 5,9% nelle esportazioni e al 5,1% nelle importazioni del totale dell’UE – ovvero uno dei livelli più bassi di integrazione economica regionale nel mondo.
Attualmente la politica europea di vicinato meridionale dell’Ue è inquadrata nell’ambito della più ampia European Neighbourhood Policy, rivolta ai paesi del bacino del Mediterraneo e dell’Europa orientale.