Formazione | Accademia

È ancora possibile aumentare l’ordine medio?

Veronica Verona
Veronica Verona

Compreresti mai un uovo a 2,50 euro? Saresti disposto a pagare 15 euro, la classica confezione da 6 uova che trovi comunemente al supermercato? In ogni caso ti chiederesti: “ma cos’hanno queste uova di diverso dalle altre, perché costano così tanto?”

Ecco ciò che prova il nostro cliente quando gli proponiamo prodotti simili tra loro, esposti nella nostra sala mostra, ma con prezzi decisamente diversi tra loro.

Qualche giorno fa sono stata in un ristorante e nel menù leggo: “Tartare di Chianina con limone di Sorrento, Aceto Balsamico Riserva Modena IGP e sale Maldon, 28 euro. Variante con aggiunta di uovo di Parisi 35 euro”.

La curiosità mi spinge a capire cosa ci fosse, di così pregiato in un uovo, per far arrivare a costare 7 euro in più rispetto a una tartare. Chiedo al cameriere e mi risponde: «È un uovo bianchissimo, piccolo, molto saporito». È evidente che questa argomentazione, non valeva 7 euro. Chiedo chi fosse questo Parisi, mi risponde: «È il nome dell’azienda».

Potrei fermarmi qui, ma non ancora soddisfatta, propongo di poter chiedere io stessa, allo chef (nonché titolare del ristorante), cosa lo avesse spinto a inserire proprio quell’uovo in quel piatto. «Paolo Parisi è un uomo di città convertito alla campagna, ex agente di commercio nel settore medicale. Aveva una passione per la buona tavola e la nutrizione sana ed etica, che l’ha spinto dalla Liguria (dove è nato) a trasferirsi nelle campagne di Pisa, acquistare un casolare e aprire un’azienda agricola. Pochi ortaggi, due maiali, due caprette e qualche gallina. Galline Livornesi, quelle che fanno quelle uova bianchissime, sembrano praline, confetti. Si accorge che le galline apprezzano il latte delle sue capre. Osserva e fa analizzare i componenti delle uova, notando che le uova delle galline alimentate con graniglie e latte di capra, producono un uovo estremamente gustoso e soprattutto a ridotto contenuto di colesterolo. Senza saperlo ha creato un prodotto capace di esaltare, soprattutto a crudo, qualsiasi pietanza, con leggerezza. Il suo albume è trasparente come il vetro fuso e il suo tuorlo, giallo come l’oro, intenso, pieno. Oggi esporta queste prelibatezze in tutto il mondo. È una produzione casalinga, trovare le sue uova è una rarità. Costano senza dubbio più delle altre, ma il loro gusto è un ritorno ai sapori di una volta». Grazie Chef.

Con questo esempio, mi sembra sia stato già svelato il modo per valorizzare un prodotto alto posizionato. Se non avessi dovuto spiegargli troppe cose, gli avrei detto che la sua argomentazione su un uovo, aveva appena seguito i dettami del Neuromarketing, la scienza che studia i comportamenti d’acquisto delle persone nel momento della scelta. Scienza che in Accademia applichiamo alle tecniche di vendita per aumentare l’efficacia commerciale di chi vende in sala mostra.

Vendere la qualità

Qualcuno potrebbe pensare “si vabbè, ma un prodotto che costa di più, se è esposto in showroom, si vede perché costa di più!”. Ne sei proprio sicuro? Siamo davvero così capaci di far emergere, ad esempio, la differenza tra un pavimento di 60 €/mq rispetto ad uno di 19 €/mq? E che dire del parquet? Pezzi di legno a 30 euro al mq e altri pezzi di legno a 150 euro al mq?

Nella mia community su Facebook, ho proposto un sondaggio rivolto ai venditori di showroom che recitava così: Quali sono le categorie di prodotto sulle quali non ti senti sufficientemente preparato?

Le risposte sono state queste:

  1. ceramiche, pavimenti e rivestimenti;
  2. arredobagno;
  3. box doccia.

Stiamo parlando del cuore di una ristrutturazione media. Approfondendo abbiamo notato che l’ammissione dei venditori di showroom è il risultato di una criticità oggettiva: vendere la qualità. Tutti parlano di qualità, tutti sono leader di mercato. La qualità è data per scontata, soprattutto da un cliente che entra in uno showroom.

Argomentare la qualità è tutt’altro che semplice, soprattutto perché la scienza ci dice che ognuno di noi ha un concetto di qualità che varia la maggior parte delle volte.

Per qualcuno qualità significa resistenza dei materiali, per altri precisione e pulizia delle forme, alcuni accostano il prodotto di design alla qualità, distorcendo i due significati. Un prodotto di design non è per forza di qualità. Anzi, spesso il design, toglie attributi di resistenza e durevolezza ad un prodotto di qualità. Mediamente il concetto accostato alla qualità è la durevolezza nel tempo, altre volte ancora, il made in Italy.

Capisci che quella che credevi la cosa più semplice da fare, ovvero parlare di qualità, già non lo è più? E qualora lo fosse ancora? Da dove partire?

Partire dal Valore Percepito

Eh già! Migliaia di ore a studiare un prodotto per farlo resistente, robusto, durevole nel tempo e poi ciò che conta è il contenitore e non il contenuto? Pare proprio di si.

Pubblicitari di tutto il mondo ogni giorno si svegliano e lavorano per aumentare il valore percepito di un prodotto. Per fare in modo che il consumatore possa riconoscere, senza vederlo, la differenza tra un prodotto e un altro, indipendentemente dal prodotto.

Perché? Perché per il nostro cervello la percezione di una realtà è la verità. Ovvero, ci fidiamo dei nostri sensi, di ciò che vediamo, di ciò che sentiamo su un prodotto, sulla sua storia. Sulla scelta delle fotografie, sui render. E poi cerchiamo coerenza nella sua comunicazione. Se il mobile bagno costa 6000 euro, chissà come sarà il catalogo, e il sito, e il testimonial. Come saranno emozionanti le descrizioni del prodotto.

E fin qua tutto bene, alle aziende di produzione basterebbe investire in una buona agenzia di marketing e comunicazione. Ma se anche i tuoi addetti alle vendite continuano a trovare difficoltà nell’argomentare un prodotto di fascia alta, allora il problema è su un altro livello. Ovvero, sulla capacità di trasferire tutto questo valore creato dalle aziende ed esaltato dalle agenzie di comunicazione, al tuo cliente in showroom. Eh no, non basta a tutti un catalogo digitale! A molti si, infatti acquistano spesso da soli e online. E lo fanno perché riescono ad avere una percezione di prodotto che non riescono ad avere nei nostri showroom, dove spesso non siamo in grado di esaltare il nostro uovo di Parisi.

Intercettare i criteri di acquisto del cliente

Partiamo dal presupposto che il nostro cervello, quando deve prendere una decisione d’acquisto, ragiona per paragoni. Ha bisogno di comprendere le differenze. Quando non ci sono differenze sostanziali, si attiva il criterio d’acquisto più comune: il prezzo.

Gli studi sul Neuromarketing e la nostra esperienza di affiancamento in showroom, mi fanno dire con ragionevole certezza che 9 volte su 10 che, cliente che ha acquistato da un’altra parte perché costava meno, è perché ha percepito un valore nella tua offerta che non valeva il prezzo proposto. Proprio come il cameriere che per primo mi ha descritto l’uovo di Parisi!

Per argomentare un prodotto di fascia media è sufficiente fare ciò che facciamo sempre, ovvero: raccontare le caratteristiche tecniche. Ma ecco che ciò non basta più se voglio stimolare un valore percepito più alto.

La prima cosa da fare è apparecchiare la tavola per usare le argomentazioni giuste per il tuo cliente. Ognuno di noi ha criteri d’acquisto diversi. C’è chi cerca il prodotto qualità/prezzo, chi cerca l’esclusiva, chi l’ultimo ritrovato della tecnologia, chi ancora qualcosa di tecnicamente funzionale, anche senza design.

Intercettare i criteri d’acquisto del nostro cliente, semplificherà in modo importante il momento della valorizzazione del prodotto. Il modo migliore per sapere quali sono i suoi criteri d’acquisto è chiederglielo!

Quali sono i tuoi criteri d’acquisto nella scelta del tuo mobile bagno? Oppure: Cosa ti aspetti da questo prodotto? È incredibile come le persone siano in grado di dirti precisamente cosa li muove all’acquisto dopo avergli posto queste domande.

Parlando di pareti doccia qualcuno ci ha detto: «mi aspetto che non esca l’acqua!» Qualcun altro ancora: «mi aspetto che sia di qualità, ovvero robusta». O ancora: «mi aspetto delle finiture rarissime, che ho solo io!»

Ottenuta questa preziosa informazione si tratterà quindi di lavorare sulla sua percezione del valore e per farlo dobbiamo muovere i giusti passi nella giusta direzione.

Fai sognare il tuo cliente

Dicevamo, se per proporre un prodotto di fascia media sarà sufficiente fermarsi alle caratteristiche tecniche di prodotto, per aumentare il valore percepito dovremo parlare nell’ordine di:

  • storia sull’azienda;
  • benefici;
  • design.

Prima di tutto è bene dare un nome alle cose. Per Caratteristiche Tecniche si intendono le descrizioni degli elementi che compongono tecnicamente un prodotto (dimensioni, materiali utilizzati, lavorazioni).

Questo tipo di argomentazione è piuttosto sterile emotivamente, ma è capace di dare delle “informazioni pilastro”, facilmente paragonabili.

Ma spesso le caratteristiche tecniche sono molto simili tra loro, così come spesso sono anche difficili da interpretare per un cliente privato. Ad esempio, quando parlando di un top per un mobile bagno parliamo di Hpl o di resina. Non è semplice capire le differenze, ammesso che ci chieda maggiori informazioni a riguardo. Già, perché non tutte le persone sono disposte ad ammettere di non sapere qualcosa e piuttosto di fare brutta figura, li vedi annuire con aria fintamente interessata.

Vuoi davvero valorizzare un prodotto? Cambia voce, smetti di elencare le caratteristiche tecniche e fallo sognare.

Parti da una storia sull’azienda. Hai letto bene: storia sull’azienda, non storia dell’azienda. Perché a pochi interessa l’anno di fondazione dell’azienda del loro box doccia. Ma a tutti piacciono le storie, soprattutto quando coinvolgono le persone. Non a caso i venditori che fanno visite in azienda, spesso tornano innamorati del brand, hanno conosciuto le persone che ci lavorano, hanno visto i loro occhi, parlato con la proprietà.

È necessario quindi raccontare qualcosa di emotivamente impattante, qualcosa che sai o hai vissuto di quell’azienda. La storia dei fondatori piace molto alle persone che hanno bisogno di sapere che ciò che stanno scegliendo è figlio di un sogno realizzato, di un sacrificio ripagato, di una storia di successo.

Continua valorizzando i benefici di quel prodotto. Tecnicamente i Benefici sono il Valore aggiunto dato da una caratteristica tecnica di un prodotto, calato però nella vita del tuo cliente. Proprio quello che ti trovi davanti.

Seguimi bene: se “trattamento anticalcare del vetro di una parete doccia è la caratteristica tecnica, quale può essere il beneficio? Potresti pensare che il beneficio sia la facilità di pulizia, invece no. Quello è il vantaggio, ovvero un valore aggiunto che può andare bene per tutti. Il beneficio invece è la traduzione di questo beneficio, nella vita del tuo cliente. Per funzionare ha bisogno di far partire il film nella mente del tuo cliente, il film di sé stesso che usa il prodotto: «Hai presente quando… dopo che hai fatto la doccia rimangono tutte le goccioline sul vetro? Immagina, hai il bagno tutto pulito, lo specchio splendente, gli accessori cromati belli lucidi, ma ti sono rimaste le gocce sul vetro! Ecco questo box che ti sto mostrando ha un trattamento specifico per il vetro e differenza dell’altro che ti ho mostrato prima, la superficie permette che le gocce non trovino resistenza e scendano giù con facilità, lasciando il tuo bagno in ordine, anche dopo la doccia». Questo è un beneficio! Ed inizia sempre con “hai presente quando…?”.

Il terzo livello di valorizzazione del prodotto arriva poi al design. Prova a chiedere ai tuoi addetti alle vendite quali siano gli stili più richiesti adesso. Ti risponderanno:

  • il minimal;
  • il jungle;
  • l’industial.

Bene, ora chiedigli cosa sanno di questi stili. La risposta? Tradurranno dall’inglese all’italiano e ti diranno che minimal significa minimalista, linee pulite. Il jungle significa giungla e quindi le palme e i pappagalli come arredo. E l’industrial rappresenta lo stile industriale, come se si vivesse in un’officina.

E qua torno sull’uovo: questa argomentazione vale 7 euro in più sulla tua tartare?

Probabilmente no!

Il design è l’espressione dell’anima del cliente. Hai presente quei test psicologici che dicono “dimmi cosa ti piace e ti dirò chi sei?” Ecco. Descrivere il design richiede prima di tutto di conoscere come si è formato quello stile, in che contesto storico. Cosa vuole esprimere e perché ha fatto la fortuna di migliaia di designer di prodotto. Significa far sentire il cliente speciale e soprattutto capito, dato che si riconosce nello stile che stai descrivendo.

E una cosa così, no, una cosa così non la puoi improvvisare. Una cosa così la devi studiare.

Non ti occorrerà conoscere tutti gli stili artistici e d’arredo presenti al mondo, solo quelli più richiesti del momento.

Ora immagina come cambierebbero i numeri del tuo showroom se i tuoi addetti alle vendite sapessero argomentare, non solo i prodotti alto posizionati, ma anche quelle categorie di prodotto che raramente propongono: come le minipiscine, le spa, l’oudoor e per chi le ha: le cucine, le porte…

Il risultato di un’argomentazione su tre livelli, come questa che ho appena descritto, è 8 volte su 10: la scelta del prodotto di fascia alta. Il motivo? Gli hai appena fatto capire cosa c’è dietro quei 7 euro in più.

Veronica Verona
Direttrice e formatrice de
L’Accademia dello Showroom