Sempre più spesso ho l’impressione che alcuni termini come l’espressione multicanalità e omnicanalità diventino di moda e vengano impiegati senza un’effettiva conoscenza del loro reale significato.
Per chiarire i nuovi concetti, tuttavia, dobbiamo fare qualche passo indietro.
Gran parte delle imprese nascono monocanale, nel senso che, per vendere i prodotti ai clienti decidono all’inizio di avvalersi di un unico canale di distribuzione. Storicamente veniva privilegiato il canale lungo: il grossista, definito anche distributore intermedio. Successivamente, per sostenere l’immagine di marca la tendenza è stata quella di ridurre la lunghezza dei canali e di vendere direttamente ai distributori al dettaglio, che nel frattempo erano cresciuti di dimensione.
Negli ultimi quarant’anni anche in Italia il numero e la varietà dei canali distributivi sono aumentati, si pensi in proposito alla nascita e diffusione dei supermercati, degli ipermercati, dei discount, degli outlet … La multicanalità fa aumentare la complessità gestionale per il problema del coordinamento dei prezzi di vendita tra i canali distributivi. La concorrenza dei nuovi canali penalizza i distributori tradizionali. Nel settore dei prodotti per la casa per esempio l’avvento dei Centri per il Bricolage è stata vissuta inizialmente con preoccupazione dalle Rivendite.
Una soluzione ai problemi tipici della multicanalità è la segmentazione e l’offerta di confezioni/packaging diversi e marchi differenziati in funzione dei canali distributivi serviti. Un valido esempio, in proposito è quello del settore delle bevande dove i grossisti vendono quasi esclusivamente bottiglie di vetro destinate alla ristorazione professionale, mentre la Grande distribuzione commercializza solo bottiglie di plastica, acquistate da clienti finali privati. Inoltre, le differenze di prezzo tra i canali distributivi riflettono diversi livelli di servizi offerti (per esempio il grossista consegna al ristorante e ritira il vetro). Spesso anche le dimensioni delle confezioni e gli imballi sono differenziati tra i canali.
Il problema esplode con lo sviluppo dell’e-commerce. Perché? La rivoluzione digitale in atto ha creato la nuova tendenza ad una sempre maggiore integrazione tra i canali. Negli ultimi dieci anni si è diffuso l’impiego dello smartphone e della banda larga che hanno cambiato profondamente le nostre abitudini: oggi i confini tra vita privata, tempo libero e vita lavorativa non ci sono più e la convergenza di attività riguarda anche le scelte d’acquisto.
Vent’anni fa la fase della raccolta di informazioni, che portava alla decisione e la fase dell’acquisto erano nettamente separate; oggi, invece, cerchiamo l’informazione on line, sfruttando il catalogo digitale di un sito di e-commerce e compriamo off line in un punto vendita fisico tradizionale. Può avvenire anche il contrario; il cliente chiede informazioni nel punto vendita o in una show room e acquista on line, usando lo smartphone. Infine, nella fase attuale dell’0mnicanalità il processo d’acquisto potrebbe chiudersi con il ritiro del prodotto in un punto vendita tradizionale partner di un sito di e-commerce.
In altri termini, mentre fino a vent’anni circa la separazione tra mezzi di comunicazione e canali distributivi era netta. Oggi non è più così, i tablet e gli smartphone permettono di integrare diverse funzioni a offrono sempre nuovi servizi. Oggi le imprese sono costrette a gestire i clienti nella nuova prospettiva omnicanale, dove ogni punto di contatto con i clienti deve essere collegato con tutti gli altri punti di contatto, lungo un percorso di marketing, sempre più complesso da gestire. I clienti, infatti, hanno un numero sempre maggiore di opportunità d’acquisto.
La trasformazione digitale ha cambiato e sta continuando a modificare le regole del gioco. Anche in passato la scelta del canale distributivo era una scelta strategica, ma la sua complessità oggi è aumentata notevolmente.