Il temuto rallentamento del nostro Prodotto Interno Lordo è arrivato e non è niente altro che la sintesi della brusca frenata che hanno fatto registrare nel nostro Paese, principalmente l’industria delle costruzioni ed in secondo piano anche altri comparti della nostra economia e le previsioni per questo ultimo trimestre dell’anno non hanno motivo di essere tanto diverse da quanto riscontrato fino ad oggi.
Il principale responsabile di questa frenata è senza dubbio l’aumento continuo dei tassi di interesse che sono stati più volte ritoccati al rialzo a causa della temutissima, almeno dalla Governatrice della Banca Centrale, crescita dell’inflazione.
Crescita dell’inflazione che però nell’ultimo periodo sembra aver arrestato la sua corsa soprattutto grazie al rallentamento del prezzo delle fonti di energia, in particolar modo del gas ed anche i prezzi dei beni alimentari, seppur ancora sempre un po’ alti, non hanno più fatto registrare aumenti. Non dimentichiamo però che la nostra è un’inflazione principalmente da costi dell’energia e quindi è sufficiente che questa componente rallenti per vedere automaticamente l’inflazione scendere o comunque non salire più.
Ci troviamo però oggi in una situazione di tassi decisamente alti, periodicamente ritoccati nei mesi dalle Banche Centrali, non dimentichiamo che ancora in piena estate la Banca Centrale Americana ha rialzato i propri tassi sottolineando inoltre che ve ne sarebbero potuti essere altri, ipotesi non ritenuta però plausibile dai mercati e che anche la Banca Centrale Europea, fedele alla linea impostata fin dall’inizio dell’anno, ha optato per un nuovo aumento portando i propri tassi ad oltre in quattro punti percentuali, più precisamente al 4,25%. Il ritocco europeo ai tassi è sempre frutto della convinzione che l’inflazione sia ancora troppo alta.
Il riflesso più immediato e naturale di questo andamento dei tassi lo si riscontra sul sistema del credito che è diventato di conseguenza subito più costoso ed anche più scarso e questo costituisce un serio problema per il mondo delle imprese che si trovano a fare i conti con un costo del credito in aumento di quasi cinque punti percentuali.
Il costo è però solo uno degli aspetti negativi, infatti a preoccupare ulteriormente è l’inasprirsi dei criteri stessi di offerta del credito che dal punto di vista anche di scadenze e garanzie sta mettendo in seria difficoltà ampi comparti della nostra economia. Una fetta sempre più larga di imprese infatti rischia di non ottenere credito o di rinunciare a causa di condizioni troppo onerose e questo determina a cascata un rallentamento degli investimenti.
La produzione di beni strumentali è quindi in rallentamento e più in generale le aspettative delle industrie stesse circa le attese sulla spesa per investimenti restano decisamente prudenti perché si immagina che il credito resterà scarso e troppo oneroso almeno fino alla fine dell’anno.
Il settore delle costruzioni è, come tutti gli altri comparti della nostra economia, direttamente e forse più ancora di altri coinvolto e preoccupato da questa dinamica, tanto è vero che dall’inizio dell’anno ha fatto registrare un calo significativo arrivato a cinque punti percentuali e di fatto sta abdicando a quel ruolo di traino dell’economia che aveva invece avuto fin dai difficili mesi dell’anno 2020. Va aggiunto che le nubi per il settore delle costruzioni sono anche legate all’incertezza che ancora circola sul futuro del sistema dei bonus e sul nodo dei crediti incagliati.
Anche il nostro export, da sempre punto di orgoglio della nostra economia, ha subito un rallentamento frutto del pesante calo della domanda all’interno dei Paesi dell’Unione Europea.
I consumi restano naturalmente incerti perché tassi alti e credito difficile hanno riflessi non solo sul mondo delle imprese, ma anche sulle economie domestiche delle famiglie italiane, mentre a dare un segnale positivo in un contesto difficile ci pensa invece il mercato del lavoro che ha fatto registrare un leggero segno positivo per quanto riguarda il numero degli occupati.