Intervista a Giuseppe Freri, presidente di Federcomated

Una presenza attiva per la ripartenza della distribuzione

Dialogo aperto e impegno fattivo durante tutte le fasi dell’epidemia, proposte concrete per una nuova stagione dell’edilizia, importanza della comunicazione, rafforzamento delle imprese e contrasto del dumpig fiscale.
Questi alcuni punti di confronto con Giuseppe Freri, presidente di Federcomated, l’associazione politico-sindacale dei distributori di materiali edili, aderente a Confcommercio.

Qual è stato il ruolo delle organizzazioni di rappresentanza durante l’emergenza Covid19?

«Essere presente è stata la risposta di Federcomated, ascoltando i propri associati, dialogando ininterrottamente con l’intera filiera delle costruzioni e lavorando con le istituzioni nel cercare soluzioni per ripartire.
L’impegno per il bene comune è stato premiato da un risveglio associativo e da un senso di appartenenza concreto alle organizzazioni di rappresentanza. Oggi, più di ieri, la filiera deve essere integrata, connessa e sicura, è necessario creare una catena del valore per tutelare i nostri associati, imprenditori che devono far fronte a uno scenario difficile con grandi responsabilità economiche e sociali.
Ci troviamo ad affrontare una prova di grande coraggio, che riguarda tutti. Abbiamo fatto appelli al Governo, è necessario ricostruire il Paese, è necessaria una nuova visione di futuro».

Quali insegnamenti si possono trarre dall’esperienza compiuta, per migliorare l’attività futura delle organizzazioni di rappresentanza?

«I corpi intermedi si sono rafforzati. Gli associati hanno dimostrato una partecipazione attiva, condividendo idee di prospettiva. Le organizzazioni di rappresentanza hanno imparato a lavorare insieme, trovando coincidenza dei valori per la tenuta economica e sociale del paese».

Quali iniziative saranno messe in campo da Federcomated per agevolare la ripresa dell’edilizia post-emergenza?

«Federcomated ora si muove con l’intera filiera delle costruzioni, che rappresenta oltre il oltre 600.000 aziende e 2.000.000 occupati, il 22% del Pil nazionale.
Da un’iniziativa del Gruppo Tecniche Nuove e Saie, è nata la “Carta dell’Edilizia e delle Costruzioni”. Un’azione incisiva verso il Governo che traccia 10 punti chiave per ripartire: dalla liquidità alle aziende allo sblocco dei cantieri, dalla minore burocrazia alla semplificazione dei processi, fino alle procedure più snelle per l’avvio dei cantieri, alla digitalizzazione e al rafforzamento di bonus e incentivi.
Certamente questo è un passo importante per riuscire a ripartire, per mantenere i livelli occupazionali e la tenuta economica delle nostre aziende».

Quali problematiche creeranno le regole di distanziamento sociale alle imprese della distribuzione?

«Le imprese della distribuzione, che hanno magazzini grandi e adeguati alle nuove norme, hanno negozi sicuri e personale formato per tornare a ricevere i clienti nel pieno rispetto di tutte le nuove norme comportamentali, sono state classificate dall’Inail come settore a basso rischio. Certamente mancherà quella parte di attività legata alla promozione che vive degli aspetti più relazionali con la clientela, ma i distributori dovranno mettere in campo nuove capacità organizzative e ideare nuovi strumenti per sostenere la propria attività commerciale».

Quale sarà il ruolo della comunicazione rivolta ai consumatori nel prossimo futuro?

«Dobbiamo attivare, da subito, un cambiamento, adottando importanti processi di modernizzazione.
Innovazione e modernizzazione saranno le parole chiave che il rivenditore di materiali edili e finiture per la casa dovrà portare dentro la propria azienda.
Sarà necessario attuare nuovi strumenti per la fidelizzazione della clientela, implementare al meglio i sistemi di gestione, sfruttare la piattaforma Bim e i nuovi canali vendita come i negozi on line.
La sfida sarà quella di orientare questa trasformazione attraverso tre valori: sostenibilità, inclusione e accessibilità. Dovremmo imparare a snellire i processi, sviluppare nuove capacità di lettura e di analisi dei dati che provengono dalla rete, imparare a raccontare storie utilizzando i canali digitali. Comunicare in rete mantenendo un contatto diretto con lo spazio fisico dei nostri punti vendita. Ridisegnare nuovi modelli di impresa per costruire nuovi ruoli, nuove opportunità e precise strategia di offerta. L’ambiente digitale deve ora affiancare i punti vendita sul territorio e dare loro un marcia in più; in termini di visibilità, di volano per il business, di nuove potenziali vendite».

L’emergenza Covid19 ha messo in evidenza il basso grado di capitalizzazione delle Pmi italiane: quali soluzioni esistono per risolvere il problema?

«Il problema della sottocapitalizzazione è atavico per il sistema imprenditoriale italiano e si accentua nel nostro settore anche in relazione alla dimensione media della distribuzione.
Questo momento di crisi ha evidenziato tutti i limiti e le criticità di un modello di azienda che ha una carenza strutturale di mezzi propri, per cui 50 giorni di fermo determinano mancati pagamenti e nei casi più gravi il default.
Naturalmente questa situazione storica non si può ascrivere solamente all’incapacità imprenditoriale del rivenditore edile italiano. Il sistema economico, gli istituti bancari e la politica non hanno voluto affrontare il tema in maniera risolutiva.
Raccogliamo con favore le indiscrezioni sul prossimo decreto che dovrebbe prevedere un importante sostegno per rinforzare la struttura patrimoniale delle nostre aziende emancipandole, almeno in parte, dal sistema bancario.
Questa esperienza straordinaria credo che lascerà un segno negli imprenditori che dovranno rivedere giocoforza anche la struttura finanziaria della propria azienda, la gestione del capitale circolante e una politica di credito maggiormente oculata».

Gli investimenti previsti dal Governo per contrastare l’emergenza sono notevoli e tutti dovrebbero fare la propria parte: sarà così anche per le multinazionali, che sfruttano il dumping fiscale di alcuni paesi Ue?

«Questa è una grande battaglia di Federcomated. Da sempre affrontiamo la presenza di soggetti che giocano nel nostro mercato in modo sleale con condizioni favorevoli e disallineate alle nostre. La concorrenza sleale di alcune insegne della Gdo è emersa ulteriormente in questi mesi di chiusura, violando le norme e adottando comportamenti borderline. Ci siamo mossi e continueremo a farlo perché solo parlando di concorrenza sana si può pensare di ricostruire il Paese».