Intervista a Giulio De Angelis, Consigliere delegato Federcomated

De Angelis. Un percorso alternativo all’autonomia

 

Recentemente il Governo ha dato il via libera al disegno di legge (Ddl) sull’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario. Ora il Parlamento è chiamato a definire sia i principi per l’attribuzione delle forme e delle condizioni dell’autonomia stessa, sia le modalità di approvazione delle intese fra Stato e singole regioni.

La materia è non solo complessa dal punto di vista tecnico, ma è anche controversa dal punto di vista politico. Restando agli aspetti tecnici, uno dei nodi principali è costituito dai Livelli Essenziali di Prestazione (Lep). L’autonomia differenziata è infatti subordinata alla loro determinazione e a quella dei relativi costi e fabbisogni standard – ambiti in cui il ruolo del Parlamento sarà marginale. Al riguardo, il Ddl prevede che i Lep siano determinati da un comitato ad hoc e, se questo non svolgesse il compito nei tempi previsti, da un commissario governativo. Non sono previste verifiche né garanzie in ordine all’effettiva erogazione dei Lep, né il riferimento a criteri di equità e alle specificità regionali nella ripartizione dei finanziamenti, neppure una ricognizione sui bisogni insoddisfatti, di cui proprio i Lep dovrebbero garantire la soddisfazione in futuro.

Stanti queste premesse, sotto il profilo economico, alla determinazione dei Lep non potranno che concorrere i dati sulla spesa storica, rispetto alla quale la differenza degli investimenti fra Nord è Sud è stratosferica e consolidata e ha comportato, nel tempo, una sostanziale diseguaglianza in termini di qualità della vita, intesa come qualità della sanità, dell’istruzione, delle infrastrutture, dei servizi pubblici e dell’amministrazione pubblica.

Uno sviluppo equilibrato

Sostengo da sempre che il Sud è una risorsa di fondamentale importanza per l’intero paese e, in particolare, per il Nord, a cominciare dalle sue profonde radici rurali. Favorirne uno sviluppo equilibrato non potrà che giovare sia all’economia della nazione, sia alla sua reputazione in Europa e nel mondo, iniziando dai nostri vicini più prossimi che, oltre ai paesi UE, comprendono il Maghreb, il Medio Oriente e i Balcani.

Per come è strutturato il Ddl, siamo invece di fronte al rischio concreto di una drastica riduzione della disponibilità di investimento da parte dello Stato nelle regioni del Sud, tale da compromettere sia qualsilaasi possibilità di un progressivo riequilibrio delle condizioni economiche e di qualità della vita con il Nord e con la UE, sia le opportunità di uno sviluppo orientato verso gli altri paesi Mediterraneo. Anche l’idea che l’autonomia differenziata possa rivitalizzare la società e il mercato del Meridione, riducendo o addirittura eliminando il divario consolidato, è un colossale abbaglio. Quale imprenditore sarebbe disposto a investire in un territorio carente di collegamenti e servizi, con un tessuto socio-economico in disfacimento e con giovani (studenti, professionisti, manodopera, finanche i pensionati) pronti a emigrare?

Qualcuno si chiederà qual è il nesso fra l’autonomia differenziata e il mondo delle costruzioni. Ebbene l’edilizia è innanzitutto qualità della vita: è alla base dell’architettura, dell’urbanistica e del paesaggio, della mobilità e del commercio, è il presupposto indispensabile per la cultura e per l’arte. Nessuna di queste cose esiste prima dell’originario atto fondativo della costruzione.

Un progetto di rinascita

Come distributore di materiali per l’edilizia, non posso che essere contrario a qualsiasi iniziativa che metta a rischio la qualità della vita nel territorio in cui sono nato, dove abito e dove lavoro. Non si tratta di appartenenza a questa o quella parte – né non è colpa mia se chi promuove l’autonomia differenziata ha anche deciso di “sterilizzare” i bonus, che fino a oggi hanno sostenuto l’intera filiera delle costruzioni, ponendosi nei fatti contro gli interessi della nostra categoria.

In generale, ritengo che il distributore edile – come qualsiasi imprenditore – dovrebbe essere non solo attento e cosciente nei confronti del proprio business, ma anche consapevole e critico circa le possibili conseguenze di decisioni che peggioreranno radicalmente la realtà in cui viviamo e, perciò, anche il futuro delle nostre attività. Ma quale potrebbe essere una possibile alternativa a quanto sta accadendo?

Come rappresentante dei distributori edili italiani con delega al Meridione, rispondo che non abbiamo bisogno di nuove forme di autonomia decise altrove, ma di persone competenti – che aiutino cittadini, istituzioni e imprese a vivere e a lavorare – e di risorse economiche – da investire per migliorare la qualità della vita al Sud, anche per contrastare e se possibile invertire l’emigrazione dei nostri giovani.

La prima, fondamentale esigenza da soddisfare consiste infatti nel potenziamento degli staff tecnici e amministrativi a disposizione degli enti locali, per supportare adeguatamente il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr e, possibilmente, aumentare la capacità di accesso agli altri meccanismi di finanziamento europei e nazionali.

In seconda istanza, bisognerebbe creare un organismo comune a tutti gli enti regionali e locali, finalizzato alla promozione, programmazione, regolazione e controllo degli investimenti in infrastrutture e servizi – una vera e propria cabina di regia per la rinascita del Mezzogiorno, in grado di azionare le leve corrette e più efficaci rispetto alle azioni da intraprendere.

Parallelamente, è indispensabile rendere attrattivi gli investimenti privati nel Sud, attivando tutte le relazioni e le opportunità utili a intessere una rete di attività e servizi di alto profilo – a cominciare dalla sicurezza, dai collegamenti, dalla sanità, dall’istruzione, dall’università, dalla ricerca, ecc. – per creare le condizioni della rinascita economica dei nostri territori e delle nostre comunità, in sintonia con le singole specificità di ciascuno di essi.