Ascomed di Milano

Per i giovani distributori in Italia mancano regole e sogni

Durante il 30esimo meeting dell’Ascomed di Milano, tre giovani distributori di materiali edili hanno colto l’opportunità di rapportarsi direttamente con i vertici di Confindustria e Confcommercio. Ecco le loro domande…E le risposte di Squinzi e Sangalli

Giorgio Squinzi e Giorgio Sangalli, rispettivamente presidente di Conindustria e di Confcommercio, sono stati invitati da Giuseppe Freri, presidente di Federcomated e Ufemat, a sedersi allo stesso tavolo per un “incontro tra le categorie” e per rispondere alle domande di alcuni giovani imprenditori della distribuzione edile

Un meeting pregno di contributi di elevato interesse quello organizzato dall’Ascomed di Milano. Un incontro definito ”storico” da Giuseppe Freri, presidente di Federcomated, perché  ha visto la partecipazione delle due massime cariche delle confederazioni degli industriali e dei commercianti. Tra i temi affrontati, la necessità di un immediato sblocco dell’ingorgo parlamentare perché i numerosi provvedimenti vengano convertiti in legge. L’evento è stato anche un’opportunità per tre giovani distributori di “interrogare” Giorgio Squinzi e Carlo Sangalli.

Matteo Valdè: «Presidente Sangalli lei è stato per tanti anni parlamentare e adesso ricopre un altro incarico e quindi ha maturato un osservatorio privilegiato della politica negli ultimi 30 anni. Qual è la sua opinione rispetto alla mancata auto riforma della politica e, conseguentemente a questa ondata forte dell’anti politica che raccoglie consensi insospettabili in molte aree del paese e in diverse fasce sociali? »

Carlo Sangalli: « Prendo a prestito un passaggio dell’intervento del presidente Freri, laddove dice che la politica è il vero motore della democrazia. Naturalmente mi riferisco alla politica con la P maiuscola. Non c’è dubbia che tante promesse che abbiamo sentito in questi ultimi tempi  hanno nuociuto alla politica stessa, perché c’è un’etica della politica che deve essere rispettata. Oggi esiste un profondo distacco da parte dei cittadini nei confronti della politica, ma è importante che un giovane capisca l’importanza di impegnarsi per fare in modo che la politica diventi quella con la P maiuscola. È bello vedere che nel nostro mondo associativo vi è la presenza di giovani, perché oggi occorrono idee fresche in grado di dare una spinta anche al mondo associativo».

Francesco Freri: «Da un sondaggio sulla propensione al rischio e all’imprenditoria dei giovani italiani emerge poca voglia di far impresa: solo il 16% preferisce «fare sacrifici per qualche anno per mettere soldi da parte e iniziare una sua attività indipendente». Questo dato contrasta con il 77% dei giovani negli Usa, non solo, il 91% di questi sostiene di non avere paura ad assumersi dei rischi. Quindi mi chiedo: forse gli 8.000 giovani italiani intervistati si sono accorti che in Italia mancano regole e sogni, e queste sono le condizioni base per fare impresa in modo serio. Chiedo ai due presidenti se è fattibile un contenitore comune Confcommercio – Confindustria che dia visibilità ai giovani imprenditori che hanno avuto successo in Italia, che racconti le loro case histories, che trasmetta fiducia nel futuro e dimostri agli altri che vale ancora la pena fare impresa nel nostro Paese? ».

Giorgio Squinzi: «Sicuramente questo è un dato preoccupante, anche se le indagini hanno un grado di affidabilità da verificare. Certamente siamo in una fase di scoraggiamento generale, e non relativa solo ai giovani. Credo che alla base di questa bassa volontà di fare imprese ci sia la complicazione normativo-burocratica del nostro Paese. Dobbiamo ritrovare la voglia di fare impresa. Molti di noi si ricordano che il nostro paese alla fine della seconda guerra mondiale, oltre a essere semidistrutto, era un paese che aveva una connotazione agricola. Nel tempo siamo diventati un paese manufatturiero avanzato e ci siamo distinti per produttività. Il nostro paese non ha materie prime, ha costi energetici mediamente più elevati del 305 rispetto a quelli dei nostri competitor, un sistema di infrastrutture fatiscente e un sistema normativo-burocratico molto complicato, ma abbiamo la materia grigia che c’è nella testa degli italiani. Noi dobbiamo promuovere gli esempi virtuosi che possano dare lo stimolo a tutti di impegnarsi e rimettersi in gioco come hanno fatto i nostri padri nel dopoguerra».

Carlo Sangalli: «Condividendo quanto già espresso dal presidente di Confindustria, rilancio dicendo dell’importanza e dell’utilità di uno spazio di lavoro comune di tutti i giovani imprenditori di tutte le associazioni imprenditoriali. Perché oggi è un’impresa fare impresa. Qui oggi le due confederazioni qui oggi presenti hanno espresso che è fondamentale la presenza dei giovani e il loro stimolo e l’attenzione  al cambiamento dei giovani imprenditori che coniugato a un processo innovativo li fa stare sul mercato in termini competitivi e vincenti. Certo, poi il mercato ha bisogno di ricerca e di formazione e di tanto altro, ma questo contribuisce a dare uno stimoli di fiducia ai giovani imprenditori. Questa sera, in maniera molto serena i presidenti di due confederazioni si trovano qui per un incontro di prospettiva (più che per un confronto). Entrambi preoccupati per il futuro del nostro paese ma consapevoli di essere davanti a una platea di imprenditori che non hanno intenzione di tirare i remi in barca, che non sono inscritti al partito del “declinismo” e che quindi hanno bisogno di aiuto in termini concreti. Questo è lo spirito di questo incontro».

Luca Berardo: «Visto che le imprese devono dimostrare in primis quello spirito del dopoguerra che ha permesso di risorgere e credo che tutti noi siamo pronti a fare la nostra parte, quanto credete che i politici di oggi siano in grado di avere lo stesso spirito del dopoguerra e fare anche loro la loro parte?».

 

 

Carlo Sangalli: «Io mi complimento per questa domanda. Io, è vero ho iniziato molto presto a fare politica e allora, seppure è antipatico fare paragoni, devo ammettere la colpa che ho di aver fatto parte di questa malfamata repubblica. Però allora c’era un terreno di gioco in cui se non la pensavi come un altro, l’altro era considerato un avversario che, in un certo senso, ti obbligava a rivisitare il tuo pensiero per trovare la mediazione. Oggi, purtroppo, non è più così. Se uno non la pensa come un altro non è più un avversario, ma è un nemico e i nemici devono essere abbattuti. Ed allora la politica, al di là di ciò che riguarda l’etica politica, è fatta tutta di muscoli, è una politica rissosa dove molte volte l’interesse generale del paese viene accantonato per un interesse particolare  di partito. Comunque ribadisco la politica è fondamentale per la vita democratica del nostro paese, anzi è l’assenza della politica che oggi non porta più al passaggio della possibilità di recuperare a uno spirito nuovo e forte. Bisogna ritornare a una politica con la P maiuscola, a una democrazia che, come diceva De Gasperi “somma e non sottrae”. Questo è importante, un concetto di condivisione che deve venire fuori indipendentemente da quelle che sono le legittime contrapposizione, perché giustamente non tutti la devono pensare allo stesso modo altrimenti si passerebbe ad un altro processo che non è più democratico. Ma la costruzione di una politica serena e responsabile che sommi tutti i passaggi che vanno nella direzione dell’interesse generale, quindi del bene comune deve essere riscoperta».

Non si sottraggono i due vertici delle due importanti confederazioni alle domande dei giovani imprenditori della distribuzione, anche quando viene loro chiesto se oggi nelle condizioni in cui versa il paese, sarebbero in grado di avere lo stesso successo, in campo imprenditoriale e politico, che sono riusciti a raggiungere e rispondono che se è vero, come è vero, che la congiuntura non è favorevole e che quindi mettere in moto “una macchina” è sicuramente faticoso, è anche vero che gli strumenti per raggiungere obiettivi importanti sono oggi molto più avanzati. «Le opportunità ci sono – dice Squinzi –  e credo che continueranno ad esserci, certo in un momento come questo noi dobbiamo puntare sull’efficienza. Credo che sia questo il senso del rapporto tra la distribuzione e la produzione. Il mercato è più competitivo, globalizzato per essere imprese di successo dobbiamo essere più efficienti. Tutti dobbiamo mettere al centro delle nostre azioni l’obiettivo dell’efficienza totale utilizzando tutti gli strumenti che sono disponibili. Penso che si possa fare ancora tanto anche nel settore della distribuzione e solo questione di crederci impegnarsi e ricercare ossessivamente l’efficienza perché è questa la condizione primaria».

E la ricerca va fatta in team, perché, per dirla con Sangalli, «è finita l’epoca di un solo uomo al comando». Fare squadra e associarsi aiuta a raggiungere il successo. Come pensate che il sistema associativo possa cambiare ed evolvere alla luce della situazione attuale per stimolare una vera partecipazione della base e quindi delle imprese.

di Francesca Malerba