Finalmente anche in Italia il mondo universitario si apre alla città. Accade a Lecco, dove il Politecnico di Milano ha deciso di realizzare una propria sede per 2mila studenti capace di dialogare con il tessuto urbano, con i cittadini, con la viabilità locale.
Niente più recinzioni o barriere di alcun tipo: l’università diventa cuore pulsante all’interno del contesto urbano che lo accoglie, come un organo trapiantato in un più ampio corpo senza che si creino rigetti e che, anzi, produce nuove forme di interazione e di scambio.
Un’idea al passo con i tempi, nella quale comunità con obiettivi diversi, quella didattica e quella cittadina, si incontrano, si esplorano, si conoscono. Il campus collega due vie parallele tra loro accorciandone le distanze: diventa strada, ponte, connettore a scala urbana.
Si lascia attraversare, come un oggetto permeabile a scala urbana. Opera di Paolo Bodega Architettura, realizzata con Colombo Costruzioni, la nuova sede, situata sull’area dismessa dell’ospedale cittadino, si allinea agli standard europei per concezione e qualità progettuale.
«Questo luogo volutamente aperto, democratico, in mezzo al tessuto urbano si fa portatore e produttore di scienza tra la gente che percorre e si affaccia alle ꞌvetrine politecnicheꞌ, soffermandosi nel giardino wireless, connesso con il mondo» Paolo Bodega, architetto
Attenzione meticolosa al rapporto con il contesto, sensibilità per il verde e per il risparmio energetico, recupero della preesistente struttura ospedaliera ottocentesca, volontà di un linguaggio allo stesso tempo contemporaneo e in armonia con la memoria del luogo sono tutti elementi che contraddistinguono l’intervento e che lo definiscono come un’opera completa e intelligente.
Il progetto – spazio pubblico nel più ampio spazio pubblico per antonomasia, la città – prevede vari plessi, ognuno con una destinazione precisa e articolati fra loro in modo tale da disegnare una vera e propria maglia stradale. Due edifici di nuova costruzione, fra loro perpendicolari a formare un profilo a L e collegati al primo piano, ospitano aule e laboratori: uno è articolato su due piani fuori terra più un piano interrato destinato a parcheggio, l’altro si sviluppa su quattro livelli.
Entrambi in acciaio e vetro, sono caratterizzati da uno sviluppo lineare e da una schermatura costituta da elementi a palpebra che si muovono in funzione dell’illuminazione naturale. «L’immagine dell’edificio a L viene percepita per le sue qualità di leggerezza, trasparenza, luminosità, permeabilità prospettica, ma al contempo si impone in forma silente come simbolo di cultura e spirito innovativo – continua Bodega. I materiali e i colori utilizzati sono attinti dalla ꞌtavolozza cromomatericaꞌ legata alla storia del luogo e alla loro simbologia.
Il colore, bianco RAL 9016, il bianco della carta da disegno (progetto), tinge gli involucri rappresentando la purezza e la castità intellettuale della cultura tecnica in divenire». La sobrietà dell’esterno si ammorbidisce negli interni, dove compare il colore – giallo in un corpo, rosso nell’altro, ognuno con le proprie sfumature – a individuare ora i collegamenti verticali, ora gli ingressi alle aule, ora alcuni degli arredi. Nel complesso l’atmosfera è ordinata e stimolante, controllata e vivace al tempo stesso. Gli edifici oggetto di recupero sono invece la piccola villa, ex sede degli uffici amministrativi dell’ospedale, che oggi ospita gli uffici del Pro-rettorato, e il “corpo a pettine”, un tempo destinato alla degenze e oggi sede dei locali tecnici, dei depositi, degli uffici amministrativi, dipartimentali e di servizio alla didattica. Il recupero è avvenuto nell’ottica della salvaguardia della struttura, con una sola concessione al linguaggio contemporaneo sulle testate a nord-ovest, ora completamente a vetri.
E poi c’è la sala di lettura, uno spazio intimo e raccolto in una delle corti del corpo a pettine. Ricavata quindi fra i muri perimetrali dell’edificio preesistente, si mostra all’esterno attraverso una grande parete a vetri che oltre a raccontare all’esterno la vocazione della sala, provvede a illuminarla catalizzando la luce del sole. «Disposta su due livelli -spiega il progettista-, il volume del piano superiore, con dimensioni più ridotte, è staccato dalle pareti circostanti divenendo uno spazio sospeso che fluttua sull’area sottostante». Al suo interno si respira memoria e contemporaneità, si intuisce come il dialogo fra registri compositivi appartenuti al passato e nuove formule espressive possano convivere e anzi contribuire alla rivitalizzazione dello spazio. Una soluzione originale, che si trasforma in una trovata ludica per chi percorre la strada interna al polo e in uno strumento utile agli studenti che si affacciano verso l’esterno, è la scala metrica lunga 100 metri e incisa nel suolo, che corre lungo l’asse principale del campus.
La nuova sede è composta da un kit modulare di elementi strutturali in cemento e da elementi performanti leggeri in alluminio, acciaio e vetro per gli involucri. Agli elementi prefabbricati in cemento si sovrappongono layer studiati per rispondere alle diverse esigenze prestazionali dell’involucro, quali esposizione, isolamento e intercettazione energetica.Tali layer sono costituiti da elementi trasparenti e opachi, da brise-soleil filtranti e fotovoltaici che consentono un migliore controllo dell’irraggiamento. Per il contenimento dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 sono state utilizzate come “generatori” le risorse energetiche rinnovabili presenti nel luogo: acqua, sole, aria. La climatizzazione è affidata a un sistema modulare di pompe di calore che utilizzano l’acqua di falda. Sulle coperture sono stati posizionati pannelli fotovoltaici per la produzione di 20 kW di energia elettrica, collettori solari termici per la produzione di acqua calda e un rotore eolico.