Marco Caniato. Da alga rossa a isolante termoacustico

È un prodotto che, inventato e brevettato da Marco Caniato, ricercatore e docente della Facoltà di Scienze e Tecnologie unibz (gruppo di ricerca del prof. Andrea Gasparella), ha mostrato la sua efficacia come isolante termico e acustico, per applicazioni industriali, civili e marittime. E promette risvolti positivi anche nella battaglia contro la dispersione ambientale delle microplastiche.

Marco Caniato

«Le prove di caratterizzazione che abbiamo condotto hanno confermato che il prodotto possiede ottime proprietà isolanti e che può facilmente competere con gli isolanti tradizionali come la lana di roccia o le schiume poliuretaniche, abbiamo dimostrato che un approccio sostenibile, più pulito ed ecologico, può essere usato per riciclare i rifiuti marini e per costruire con un materiale ecologicamente ed economicamente conveniente». Marco Caniato, ricercatore e docente della Facoltà di Scienze e Tecnologia

 

Da alga a schiuma isolante

(foto UniBz)

L’invenzione di Caniato è un biopolimero ricavato dalla lavorazione delle alghe rosse e permette di sfruttare materiali plastici o inerti di altro genere per realizzare una schiuma adatta all’isolamento acustico e termico delle abitazioni, evitandone la dispersione nell’ambiente marino.

(foto UniBz)

Per creare questa schiuma, Marco Caniato, in collaborazione con l’Università di Trieste, ha impiegato un estratto dell’alga agar agar, un polisaccaride normalmente usato come gelificante naturale della consistenza di un gel che, dopo essere stato addizionato con carbonato di calcio, può essere mescolato alla plastica polverizzata. Come materiali rappresentativi delle microplastiche che più comunemente si trovano in ambiente marino, sono state utilizzate materie plastiche derivate dai rifiuti industriali e domestici (polietilene, bottiglie di tereftalato, polistirolo espanso e schiumato). Dopo la gelificazione, i campioni vengono congelati a -20 °C per 12 ore e infine liofilizzati per rimuovere l’acqua. Il risultato finale è un materiale poroso che può essere utilizzato, ad esempio, al posto della lana di roccia. Ma non è solo il prodotto ad essere eco-compatibile. Il processo di realizzazione prevede infatti il riciclo dell’acqua che viene raccolta al termine della liofilizzazione, dopo lo scongelamento.

Un input per la gestione del ciclo di vita della plastica

Un’invenzione dai risvolti ambientali! Perché utilizza le microplastiche secondarie, cioè i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm che derivano dall’utilizzo e dall’abbandono e degradazione di oggetti come buste di plastica, bottiglie o reti da pesca e che rappresentano, come riportato nel sito ufficiale del Parlamento Europeocirca il 68 – 81% delle microplastiche presenti negli oceani. E, secondo le stime dell’Onu del 2017, “ci sono 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia”.

Una piaga che si sta combattendo con il divieto di utilizzo di taluni prodotti in plastica -dai sacchetti agli accessori usa e getta – e con altre importanti attività volte all’abbattimento dell’inquinamento. Ma in tutto il mondo, i mari sono stati descritti come una delle aree più inquinate da micro e macroplastiche. Di conseguenza, il trattamento e la gestione del ciclo di vita dei materiali plastici si sono trasformati in un problema enorme la cui mancanza di soluzione minaccia la biodiversità marina e la sopravvivenza di moltissime specie ittiche. Senza considerare che ancora non si conoscono con esattezza i pericoli per l’uomo derivanti dall’ingresso di questi minuscoli frammenti di plastica nella catena alimentare.