Luca Berardo. La transizione energetica, un’opportunità per tutti

Ad inizio anno i media italiani sembrano aver preso coscienza della direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici ed hanno aperto un ampio dibattito pubblico in merito. Di fatto non possiamo parlare certamente di un fulmine a ciel sereno perché è da anni ormai che questo tema tiene banco nei dibattiti interni e nei convegni delle principali associazioni di categoria del settore dell’edilizia, delle costruzioni e dell’immobiliare, ma dal momento che proprio nei primi mesi dell’anno questa direttiva è andata in approvazione, il tema ha finalmente varcato gli ambiti dei meri addetti ai lavori diventando oggetto di dibattito pubblico.

Sappiamo tutti bene che sono proprio gli edifici ad essere gli oggetti più inquinanti, responsabili di più di metà delle emissioni di gas serra perché più di due terzi di essi sono inefficienti dal punto di vista energetico e la recente ed ancora non finita “guerra” delle fonti energetiche, ha messo in luce le ulteriori e grandi ricadute economiche che questa situazione si porta appresso. Se pensiamo al nostro Paese vediamo come quasi l’ottanta per centro degli edifici sia stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica, pertanto nessuno può porsi in disaccordo con la ratio della norma.

La manutenzione così come la ricostruzione degli edifici esistenti o la costruzione di edifici che abbiano un’alta efficienza energetica è quindi secondo la Commissione Europea, ma non solo, un passo obbligato per raggiungere il famoso obiettivo della cosiddetta neutralità climatica fissata tra quasi tre decenni da oggi. Certo che si potrebbe fin da oggi aprire il dibattito sulla fattibilità di questo obiettivo che da molti osservatori è visto comunque come utopico per la vastità ed eterogeneità degli Stati coinvolti ed anche e soprattutto per i colossali costi che si porta appresso, si tratta comunque di una sfida che tutti gli Stati membri dell’Unione hanno deciso di raccogliere e quindi in qualche modo la strada risulta tracciata.

Senza voler scendere nel merito, ma fermandoci agli aspetti che hanno fatto la loro comparsa nella narrazione recente dei media, riportiamo che entro il primo gennaio del 2030 gli immobili residenziali dovranno appartenere almeno alla classe energetica E per poi continuare il loro percorso virtuoso negli anni successivi fino ad arrivare al traguardo delle zero emissioni proprio entro la fatidica data del 2050.

Provando ad analizzare l’impatto per il nostro Paese di questa direttiva, la filiera delle costruzioni da tempo solleva qualche perplessità non di certo contro la norma stessa, ma proprio su tempi e risorse e questo alla luce dei tempi che per la vastità del nostro patrimonio immobiliare, rischiano di essere troppo stretti oltre che della composizione della proprietà dello stesso che risulta essere più che in ogni altro Stato membro, nelle mani di una miriade infinite di famiglie piuttosto che concentrato in grandi società di gestione che hanno leve finanziarie e meccanismi decisionali ben diversi. La brutta figura rimediata sul superbonus con il cambio continuo delle regole e la catastrofe creata con il blocco della cessione dei crediti, rappresentano uno spaccato più che esaustivo delle difficoltà che avremo come Paese nel raggiungere questi obiettivi.

Serve quindi che il Governo apra un serio e duraturo dialogo con le associazioni di categoria della filiera delle costruzioni per capire come trasformare il probabile problema della transizione ecologica in un’opportunità seria per tutti.

Altro aspetto che è però necessario mettere in luce è che il settore delle costruzioni o più in generale ancora dell’immobiliare vada visto nella sua interezza e che non sia corretto mettere in luce la mera componente energetica in modo avulso dal contesto stesso. La sfida che la direttiva europea si deve porre è ben più ampia e riguarda l’utilizzo di materiali che arrivino da filiere di produzione a basso impatto, la riduzione dei rifiuti attraverso un processo che sia di vera economia circolare e, più in generale, il miglioramento del confort abitativo o lavorativo degli edifici nei quali viviamo e lavoriamo.

L’obiettivo deve essere quindi di agire sul sistema edificio con un approccio che sia integrato e non limitare l’intervento ai soli aspetti energetici, abbandonare l’ideologia che genera solo danni e cercare un equilibrio tra aspetti economici, energetici ed abitativi senza dimenticare le ricadute sociali imprescindibili se vogliamo veramente compiere questa rivoluzione.