Sercomated. L’Italia che cambia: la nuova demografia vs gli stili dell’abitare

01_fralemarchIn seno al congresso Sercomated del 13 maggio, nel salotto dedicato all’Italia che cambia  si è voluto indagare come le nuove abitudini, che spostano il focus dal possesso alla condivisione, possano impattare e modificare gli stili dell’abitare. Come sarà infatti il mondo dell’abitare, le case, i palazzi, le città e le periferie alla luce delle abitudini e degli stili che ormai le nuove generazioni stanno facendo proprie? Non vi potranno più essere costruzioni a uso abitativo senza aver prima riflettuto sulle relazioni che instaureranno le persone che vi andranno a vivere, non vi potranno essere delle trasformazioni urbane o delle operazioni di ricucitura delle periferie urbane senza aver coinvolto i cittadini in un progetto di (co)progettazione o progettazione partecipata davvero capace di tenere presente le esigenze delle persone. In un contesto così mutevole, come dovranno o potranno evolversi le professioni che ruotano attorno al mondo dell’abitare e dell’architettura?

Marco MarcatiliMarco Marcatili, analista economico di Nomisma, affronta il discorso dal punto di vista dei trend demografici legati ai modi di abitare: «Fino a qualche anno fa abbiamo vissuto una fase in cui era l’offerta a guidare il mercato abitativo e la domanda si è letteralmente “bevuta” di tutto. Oggi invece è l’esatto contrario, con un problema: l’offerta non sa riconoscere cosa vuole la domanda. Oggi la casa, secondo le nostre indagini, ha un valore aggiunto legato molto alla socialità, quando una famiglia oggi compra una casa conta più dove e come sia collegata in termini di qualità dell’ambiente, di vicinato, di servizi e così via». Secondo Marcatili ci sono attualmente tre rivoluzioni sociali e culturali con cui fare i conti: «La prima è che il sogno della casa come contenitore non esiste più, perché oggi lo spazio dove si vive è importante per come se ne può fruire e per la sua relazione con la città. La seconda rivoluzione riguarda il fatto che oggi la casa non è più un luogo dove appartarsi, ma è diventata un luogo di socialità, dove generare processi di relazione. Il terzo cambiamento dell’abitare, infine, riguarda l’intergenerazionalità e l’interculturalità. In sostanza, il concetto di abitare sta sfuggendo all’idea di tana, e l’economia oggi parla di relazioni e di condivisione». Un suggerimento ai distributori di materiali edili? «Abbandonare la logica mercantile e intraprendere la strada di connettori, di antenne sociali capaci di raccogliere le varie esigenze e metterle in relazione».

Simone ComiSimone Comi, workshop manager del portale immobiliare Idealista, approfondisce i concetti anticipati da Nomisma parlando di “condominio social”. L’analisi Abitare 2016 condotta dall’Ufficio Studi di Idealista ha infatti evidenziato un elemento nuovo proprio nella condivisione degli spazi condominiali. «È un desiderio di socialità dettato dalla necessità più che dalla scelta, e si iscrive nel fenomeno della sharing economy, che ha preso impulso proprio negli anni della grande crisi come risposta alle difficoltà a sostenere il costo della vita da un lato e a gestire il surplus di beni dall’altro».02_fralemarch

Nasce così il condominio collaborativo, che significa condivisione di spazi e servizi, una necessità sentita soprattutto nelle grandi città, ma che «siamo convinti raggiungerà anche i centri medi».

Ma quali spazi comuni sono più oggetto del desiderio di condivisione? «Al primo posto c’è l’orto, oppure l’esigenza di organizzarsi in gruppi d’acquisto solidali per comprare frutta e verdura. Altra cosa da condividere è la palestra. Il ritorno alla socialità lo viviamo, o lo vivremo sempre più, nelle stanze reali ma è partito dal digitale, perché i social network sono stanze dove fare socialità. Idealista è una piattaforma digitale che è dovuta uscire dal digitale per incontrare i professionisti nel mondo reale e condividere con loro dei momenti di conoscenza. In Spagna ci sono agenti immobiliari che non aprono nemmeno un’agenzia fisica, ma solo su internet. Il concetto fondamentale, ad esempio per l’agente immobiliare, è che non vende in realtà un prodotto suo, ma vende servizi e si distingue per i servizi che offre. Ed è lo stesso elemento di distinzione su cui, a mio avviso, deve puntare il distributore di materiali edili».03_fralemarch

Marco BolisDi condominio “social” ne sa qualcosa Marco Bolis, responsabile sviluppo Newcoh, società che fa parte di un network formato anche da Cohousing partnership e COhousing.it, la community italiana di chi abita o vuole abitare in residenze collaborative, con servizi condivisi, nata nel 2006 e che oggi conta decine di migliaia di aderenti, in costante aumento. «La sharing economy sta radicalmente trasformando l’idea dell’organizzazione tra le persone. La collaborazione diventa un modus vivendi, una naturale attitudine a partecipare ai processi di miglioramento del tessuto urbano e del sistema sociale. L’abitare collaborativo – cioè il cohousing – pone al centro i futuri abitanti di un luogo, in quanto detentori della chiave di volta (e di svolta) dei processi di riqualificazione sia urbanistica sia sociale. Ben oltre le pratiche di sharing fondate sullo scambio solidale e su fenomeni di semplice aggregazione spontanea tra cittadini, il cohousing incide sullo stile di vita delle persone fornendo una risposta qualitativa e concreta che, nell’era del virtuale, diventa reale con tutte le opportunità e le complessità che Newcoh, prima in Italia ad aver portato questo modello, può testimoniare quale esempio di azienda innovativa». Le esperienze di cohousing di Bolis si basano sulle condivisioni più disparate: dagli orti da 25mila mq ai micronidi, da stanze dove l’inquilina ex insegnante in pensione può occuparsi del doposcuola dei figli delle altre famiglie alle stanze per gli ospiti che in certi momenti dell’anno vengono affittate ai turisti per coprire le spese di cogestione.

Mario CiprianoMario Cipriano, architetto co-founder Officinemultiplo, società di servizi di architettura, design e comunicazione di Torino vincitrice del Concorso Ex aree Mirafiori – Torino, parla invece dell’importanza per gli architetti di saper realmente ascoltare le esigenze dei propri clienti e saperle addirittura prevenire, offrendo servizi chiavi in mano, i più apprezzati.

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