Quello per la Ex Vetreria Bit Vetro è un progetto realizzato grazie all’iniziativa della Regione Puglia “Libera il Bene”, che si pone come obiettivo quello di riqualificare e riconvertire gli immobili confiscati alla mafia presenti nel territorio pugliese secondo uno specifico piano di riuso.
La riqualificazione della vetreria – immobile, appunto, confiscato alla mafia, luogo residuale privo di alcuna identità urbana e per anni dimenticato dalla comunità – si confronta con gli obiettivi del recupero sociale e della promozione culturale attraverso la riscoperta delle attività artigianali del luogo.
L’edificio, situato a Putignano, Bari, è stato progettato dagli architetti Giuseppina Turi e Wanessa Bruno quale luogo sociale in cui i fruitori potranno comprendere la divisione tra mondo interiore e mondo esteriore, migliorando la loro prospettiva d’osservazione e d’interpretazione della realtà.
Il fronte principale dell’edificio rivela solo in parte le funzioni espresse al suo interno: spazi della creatività manuale composti da strutture effimere in metallo e lamiera stirata, in un’alternanza di vuoti e pieni. L’edificio si sviluppa su quattro livelli di cui il piano interrato è destinato alle funzioni di archivio e deposito, oltre ai vani tecnici.
Il piano terra, disposto secondo un asse longitudinale, ospita gli uffici sul fronte strada; accoglie, nella parte centrale, lo spazio espositivo; mentre, verso il fronte interno, realizza la sala formazione, i laboratori artigianali, i servizi ed i collegamenti verticali.
Lo spazio espositivo centrale è composto da un percorso che si sviluppa per tutto l’edificio, dall’ingresso alla parte finale del piano, sottolineando il rapporto di connessione e permeabilità tra il dentro e il fuori.
Tale percorso è definito, nella zona d’ingresso, da pannelli mobili in lamiera stirata che dividono la hall dagli accessi al piano superiore e che possono scorrere e raggrupparsi dilatando lo spazio della hall; nell’area retrostante, l’ingresso è caratterizzato dall’installazione di quinte mobili che, nuovamente, delimitano e definiscono nuovi ambiti.
Anche nei laboratori, connessi all’area espositiva, pannelli a libro e scorrevoli possono chiudersi per limitare i tre ambiti di lavoro o aprirsi completamente per comporre uno spazio unico e polifunzionale. Un sistema d’illuminazione a luce solare con lucernari tubolari connota i laboratori, riducendo i consumi elettrici e permettendo un migliore controllo termico degli spazi interni.
Il primo piano, inoltre, si estende per una superficie ridotta rispetto a quella sottostante: qui gli uffici per le consulenze specialistiche si affacciano su un ampio spazio comune dal quale, attraverso una scala metallica, si accede al tetto giardino.
Un pergolato leggero si sovrappone, infine, all’edificio preesistente, realizzando il coronamento dell’unico fronte urbano, ma anche aumentando le prestazioni energetiche dell’intero edificio.
Esso protegge la copertura riducendo l’escursione termica giornaliera/stagionale; incrementa l’isolamento termico e acustico; limita l’inquinamento dell’aria intrappolando le polveri sottili; diviene supporto per pannelli fotovoltaici e solari che coadiuvano il funzionamento degli impianti tecnologici “tradizionali”; e apporta, inoltre, un nuovo benessere psico-fisico per l’utenza anche attraverso la prevista coltivazione di piante officinali.