Come risolvere il contenzioso sulle locazioni commerciali al tempo del Coronavirus?

L’onda lunga della pandemia causata dal nuovo Coronavirus, nonostante l’avvio della cosiddetta fase 2, continua a incidere pesantemente sull’economia nazionale. Ne sanno qualcosa le imprese e i commercianti che esercitano la loro attività in spazi concessi in locazione. I proprietari, infatti, non esitano a pretendere i canoni contrattuali, senza curarsi più di tanto delle difficoltà economiche che le loro controparti debbono affrontare in quanto colpite dal blocco commerciale imposto dal Governo.
Il fermo produttivo e commerciale ha rappresentato un enorme problema per molti operatori economici, che hanno visto azzerati i propri ricavi e flussi di cassa. Se si considera che alcuni hanno potuto alzare la saracinesca soltanto lo scorso lunedì e che la loro capacità produttiva, in molti casi, è limitata per il rispetto delle norme igienico-sanitarie, ci si rende immediatamente conto che il ritorno alla normalità è ancora molto lontano.
Tuttavia, i proprietari degli immobili commerciali dati in locazione bussano puntuali alla porta per vedersi pagati i canoni di locazione.
Abbiamo intervistato l’avvocato Paolo Amabile, co-founder dello Studio Associato AdIus, che ha trattato già diversi casi di conduttori sollecitati al pagamento degli affitti, così come casi di proprietari immobiliari che dovevano recuperare somme per canoni di locazione “dimenticati” dai conduttori, ben prima dell’emergenza sanitaria.

Proprio da questa esperienza, lo studio legale ha realizzato l’ebook (scaricabile gratuitamente QUI) “Riflessioni legali per risolvere il possibile contenzioso nell’ambito della locazione commerciale ai tempi del Coronavirus”.

 

In questo momento particolare, segnato dal blocco delle attività e quindi dalla mancanza di liquidità, quali sono le azioni che il conduttore di un locale commerciale può mettere in atto?

«L’esigenza dei conduttori, in questo momento, sarebbe quella di essere sollevati del tutto dagli impegni di spesa per le proprie locazioni; possiamo subito dire che il nostro ordinamento offre alcuni rimedi giuridici, sebbene non risolutivi, e ben lontani da quell’ “amnistia” locatizia nella quale alcuni sperano.

Anzitutto bisogna considerare che la pandemia è sicuramente un evento straordinario e imprevedibile (assimilabile alla cosiddetta forza maggiore) che, qualora il conduttore non volesse o non potesse proseguire la locazione commerciale, giustificherebbe la richiesta di risoluzione del contratto: chi non si sentisse di proseguire nell’attività potrebbe dunque risolvere il contratto per grave motivo, integrato dall’emergenza sanitaria.

I conduttori possono altresì richiedere la risoluzione del contratto qualora il pagamento del canone sia divenuto eccessivamente oneroso oppure potrebbero ottenere l’esonero di responsabilità per l’impossibilità sopravvenuta: i canoni saranno comunque dovuti ma non così gli interessi sul mancato puntuale pagamento e, eventuali clausole di decadenza o risolutive, non avranno efficacia.

In secondo luogo, chi abbia subito il fermo produttivo e si sia trovato oggettivamente nell’impossibilità temporanea di assolvere al pagamento del canone può far valere la sospensione dei pagamenti per tutto il periodo del blocco: anche in questo caso i canoni saranno comunque dovuti, ma senza interessi per il ritardato pagamento.

Si consideri, al riguardo, che anche le parti di un contratto di locazione sono tenute alla correttezza reciproca, che è la cosiddetta clausola di buona fede. Esiste un vero e proprio obbligo di salvaguardare l’utilità della controparte se ciò non comporti un apprezzabile sacrificio per l’altra.

Qualora la proprietà violasse tale obbligo, sarebbe possibile agire per ottenere il risarcimento del danno e la risoluzione del contratto per inadempimento: tale argomentazione sarebbe dunque spendibile in un giudizio avanti ad un Giudice».

Paolo Amabile, co-founder Studio Legale Associato AdIus

«I conduttori più audaci, con proprietari disponibili e lungimiranti, potrebbero cogliere l’occasione per rinegoziare il canone di locazione o addivenire ad una nuova stipula dell’intero contratto, per dare respiro e stabilità al rapporto.
La rinegoziazione del canone del contratto appare la soluzione preferibile, anche perché, in caso contrario, il proprietario dovrebbe affrontare dei costi significativi (perdita incasso canoni, ricerca di un nuovo conduttore e spese per l’attività giudiziaria) con il rischio di contrattare un nuovo canone a ribasso con i nuovi soggetti interessati»
Paolo Amabile, co-founder dello Studio Legale Associato AdIus

Cosa hanno previsto e prevedono i decreti legge emanati in questi ultimi mesi in merito a questo tema?

«Al di là dei rimedi giuridici esistenti per fronteggiare eventuali dissidi economici tra le parti, un primo tentativo di aiuto e supporto concreto veniva introdotto dal Governo con il Decreto “Cura Italia” (metà marzo).
Trattasi di un credito di imposta pari al 60% del canone di locazione del (solo) mese di marzo 2020 ed esclusivamente per contratti che avessero ad oggetto immobili con categoria catastale C/1, dunque riguardante esclusivamente negozi e botteghe.
Il numero dei beneficiari ulteriormente veniva ristretto a fronte della previsione di numerose esclusioni quali molte attività di commercio al dettaglio e alcuni servizi alla persona.
La buona notizia era dunque quella che il credito di imposta, come tale, rappresentasse un importo da detrarre direttamente dalle somme dovute all’Erario; quella cattiva, che tale vantaggio avrebbe riguardato solo pochi soggetti e non certo gli operatori del settore edile, verosimilmente conduttori di immobili di categoria C/2 quali magazzini e locali di deposito. La “Cura per Italia” pareva essere un pannicello caldo.

Misure più ampie -e si auspica più efficaci – sono state introdotte con il recentissimo Decreto “Rilancio”, in vigore dal 19 maggio, riguardanti i canoni di locazione dei mesi di marzo, aprile e maggio.

La normativa prevede che gli aiuti precedentemente introdotti, come sopra descritti, vengano (finalmente) estesi a tutti i “soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione”, senza restrizioni in ordine alla categoria catastale dell’immobile, benché con la previsione di due limiti da tenere in considerazione.
La prima condizione per accedere al beneficio consiste nel non essere “troppo ricchi” ovvero non aver superato i 5 milioni di euro di ricavi nel periodo di imposta precedente; la seconda consiste nell’aver vissuto, economicamente, mesi bui e dunque aver subito una contrazione di fatturato, rispetto allo stesso mese dell’anno precedete, almeno pari al 50%.
Il meccanismo è analogo: un “bonus” a titolo di “sconto sulle tasse” pari al 60% del canone mensile di locazione disponibile per i mesi di marzo, aprile e maggio (non cumulabile con quello precedentemente previsto).
Interessante è anche il meccanismo della cessione del credito d’imposta: il bonus può essere ceduto al proprietario dell’immobile in cambio di uno “sconto” immediato sul canone di locazione dovuto, così da rendere immediato il vantaggio.

Opportuno precisare che la misura riguarda i canoni di locazione già pagati e non sospesi o in ritardo: una circolare dell’Agenzia delle Entrate, infatti, osserva che la finalità della norma è quella di ristorare il soggetto dal costo effettivamente sostenuto, sicché, in coerenza con tale finalità, il predetto credito maturerà solo a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo.

La misura appare migliorativa di quella precedente ponendo dei criteri che, per quanto criticabili, pongono dei limiti ad erogazione e vantaggi “a pioggia” ed “indistinti”, anche in considerazione della circostanza che tali “bonus” da detrarre dalle somme dovute all’Erario altro non rappresentano che mancati incassi e deficit di bilancio».