Berardo. Il tessuto produttivo del nostro Paese è sotto sequestro

Riceviamo e pubblichiamo integralmente una riflessione di Luca Berardo, presidente di Sercomated, società di servizi che, in seno a Federcomated, riunisce produttori e rivenditori del settore dell’edilizia e delle costruzioni.

«Credo che da ieri sera sia diventato evidente spero a molti, che nel nostro Paese si sia definitivamente perso il senso della realtà.

Nelle settimane scorse, finalmente nauseati dagli appelli di veline e cantanti allo stare in casa, passata l’ubriacatura degli apertivi virtuali e la stupidità dei festival improvvisati dai balconi, turbati da Governatori e Sindaci via via più sceriffi e preoccupati dai nuovi improvvisati censori dei costumi e da virologi assurti al ruolo di profeti, tutte le filiere più o meno produttive presenti nel nostro Paese si sono scrollate di dosso torpore e timori reverenziali e si sono affrettate ad accreditarsi a vario titolo al ruolo di settori strategici andando a sciorinare dati occupazionali e punti di Pil prodotti.

Ho partecipato in prima persona a questa necessaria e doverosa sollevazione, convinto come ero che in un Paese come l’Italia non si potesse non considerare essenziale la filiera delle costruzioni e non l’ho fatto per cercare di essere nei primi posti quando sarebbero poi stati lanciati viveri ed aiuti alla folla urlante, ma perché pensavo realmente che il settore che rappresento avesse tutte le caratteristiche per essere il primo a fare la sua parte nel risollevare il nostro Paese dalla situazione nella quale era sprofondato, come d’altronde già aveva fatto in passato dopo ogni guerra o crisi.

Ieri sera, invece, dopo aver assistito all’ennesimo confessionale in perfetto stile Grande Fratello, non quello letterario, bensì quello televisivo, nel quale il premier Giuseppe Conte tra una rielaborazione falsa del passato ed elusive risposte a dei quesiti di giornalisti dei quali non ci è dato sentire l’audio, ci ha fatto capire che ad essere considerati strategici per la tenuta o anzi per la ripresa del nostro prodotto interno lordo siano invece le librerie ed i negozi di articoli per i bambini ed ho quindi dovuto rivedere tutti i miei giudizi in merito al senso da attribuire all’aggettivo strategico.

Ci rendiamo conto che l’Italia legge più libri solo di Slovenia, Grecia, Bulgaria e Cipro e ha il tasso di fecondità più basso d’Europa, ma che comunque, paradosso a parte, nel Paese che fino a prima di questa epidemia era la terza economia produttiva d’Europa, i due settori sopra citati vengono fatti ripartire prima di fabbriche ed imprese di costruzioni?

Ci rendiamo conto che dall’inizio dell’epidemia agli esperti, che anche ieri sera il premier ha citato più volte, non è mai stata chiesta una spiegazione sulle modalità di trasmissione del virus, cosa del tutto legittima e che avrebbe comportato da parte loro un atteggiamento quanto meno critico di comprensione del problema, ma solo regole da applicare e comportamenti da modificare e che, se mantenuti fino ad inizio maggio, uccideranno interi comparti della nostra economia?

Ci rendiamo conto che non abbiamo mai chiesto allo Stato e a chi lo rappresenta di spiegare le motivazioni razionali delle limitazioni imposte e che l’aver isolato le persone nelle proprie case, esponendole ad un continuo vomito mediatico ha prodotto dopo alcune settimane, palesi incapacità di valutare la situazione, la sua evoluzione e soprattutto le conseguenze politiche, sociali ed economiche alle quali stiamo andando incontro?

Ci rendiamo conto che quello che si sta perpetrando ai danni del tessuto produttivo del nostro Paese sia un vero e proprio sequestro? Le nostre aziende sono state sequestrate dallo Stato e ci rendiamo conto che per liberarle ci viene chiesto di indebitarci per di più a condizioni ancora ignote e secondo regole che necessiteranno ancora mesi per essere comprese dagli Istituti bancari e dalle imprese stesse?

Ci rendiamo conto che considerare il Covid 19 come infortunio sul lavoro, aprirà una nuova stagione di contrasti tra datori di lavoro e dipendenti, più aspra ed ideologica di quella degli anni Settanta? Ci rendiamo conto di quanto della peggior cultura sindacale italiana sia presente oggi nelle decisioni del Governo ostaggio o colluso com’è con la falange più oltranzista dei sindacati stessi?

CI rendiamo conto che i limiti di sicurezza ed organizzazione imposti all’edilizia siano assurdi, pretestuosi e che non le consentiranno di ripartire nel breve periodo?

Nel pieno rispetto dell’emergenza sanitaria, ma con altrettanto rispetto per tutti coloro che in questo Paese producono e lavorano, faccio mio il giudizio che inizia ad essere espresso da più di un esponente del mondo accademico, economico ed imprenditoriale, e ritengo che ciò che stiamo vivendo rappresenti il fallimento completo dei principi della libertà e della democrazia. Libertà di vivere, fare impresa e creare benessere collettivo in questo Paese». Luca Berardo, presidente di Sercomated