Assoposa. Un esercito di posatori, ma molti (troppi) sono “ammiocuggino”

(foto Assoposa)

Quanti sono i posatori di ceramica in Italia? Il loro numero è legione. Nessuno lo sa con esattezza e le ricerche induttive presso le Camere di commercio, condotte facendo la somma di tutte le imprese iscritte con un determinato codice di attività economica, per esempio 43.33, dove il codice 43 identifica i “lavori di costruzione specializzati” e il codice 33 il “rivestimento di pavimenti e di muri”, può portare a risultati fuorvianti; non sempre i registri delle Camere di commercio tengono conto del ciclo di vita delle imprese iscritte, ma ci restituiscono un numero cumulato di imprese che negli anni si sono iscritte, hanno operato, sono cessate senza però venire cancellate dagli elenchi. Così come i registri delle Camere di commercio non possono rilevare per definizione il lavoro irregolare.

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Proviamo allora a rispondere alla domanda sul numero dei posatori di ceramica usando un metodo deduttivo, nei limiti del possibile facendo luce sui criteri del ragionamento e sugli obiettivi della ricerca. L’indagine statistica sull’industria italiana delle piastrelle di ceramica (fonte Confindustria Ceramica) riporta un “consumo apparente” di piastrelle di ceramica, in Italia nel 2018, di 108 milioni di metri quadrati, tra produzione domestica e importazioni. Supponiamo, in linea generale, che un posatore posi in media 20 metri quadrati al giorno e lavori per 240 giorni all’anno, praticamente sempre. Il nostro posatore medio poserebbe a questi ritmi 4.800 metri quadrati di piastrelle ogni anno. Ebbene, nel 2018, per posare i 108 milioni di metri quadri di piastrelle di cui sopra, sarebbero serviti 22.500 “posatori medi” [108.000.000 : 4.800], praticamente un esercito di persone (pochissime le donne).

L’esperienza ci insegna che molti di questi “posatori medi” non sono posatori professionali, posatori cioè che fanno soltanto la posa, dalla quale soltanto traggono di che vivere. La maggior parte dell’esercito di cui sopra è fatta di muratori, pittori, imbianchini, che “fanno anche la posa”; senza dire del fai da te, dei posatori improvvisati e, o abusivi: «le piastrelle le faccio posare “ammiocuggino”, che è capace». “Il mondo della posa è una giugla? – si chiedeva un simpatico video pubblicitario di Assoposa –  Come faccio a distinguermi dalla massa dei posatori generici?”. La risposta era ed è di associarsi ad Assoposa e di qualificarsi professionalmente “Piastrellista” o “Maestro Piastrellista”.

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Perché cerchiamo di definire le dimensioni numeriche di una categoria professionale? Prima di tutto, per conoscere all’ingrosso la platea cui Assoposa ha deciso di rivolgersi. In secondo luogo, per assegnare un peso specifico alle proposte di carattere generale che Assoposa rivolge al paese in tema di qualificazione professionale e di formazione. Assoposa è infatti l’associazione professionale dei posatori e dei rivenditori specializzati di ceramica (e anche a questo proposito la conoscenza dei numeri farebbe solo bene) e rappresenta direttamente ed esclusivamente soltanto i propri iscritti. D’altra parte, Assoposa si è data uno scopo di carattere generale, la qualificazione della posa italiana, che trascende la dimensione associativa e si irradia a favore di un’intera categoria professionale. Quando Assoposa fa una proposta formativa, per esempio in tema di istruzione e formazione professionale, si rivolge al paese intero, al quale chiede di riflettere (e decidere di conseguenza) sul futuro della “formazione di base” e dei mestieri artigianali in Italia.

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Prima di tutto è necessario conoscere le regole del gioco della formazione di base in Italia, con le quali si dovrà eventualmente interagire qualora si decidesse di intervenire in questo campo. Il sistema scolastico italiano prevede, dopo la scuola media, tre diversi percorsi quinquennali, che terminano con un esame di stato che dà diritto ad accedere all’università: liceo, istituto tecnico, istituto professionale. In aggiunta a questi percorsi “statali”, è prevista la Istruzione e Formazione Professionale di competenza regionale, realizzata dagli enti di formazione accreditati (come, per esempio, le scuole edili). Si tratta in buona sostanza di percorsi triennali di qualificazione, sulla base delle qualifiche professionali concordate dalla Conferenza Stato-Regioni, finanziati dalle Regioni e gratuiti per i partecipanti.
Le “qualifiche professionali” in essere sono attualmente 25, tra le quali è compresa quella di “Operatore edile alle strutture” (vulgo: muratore). La Regione Emilia-Romagna, tanto per fare un esempio, ha fissato il quadro dei corsi di IFP approvabili e finanziabili nell’anno 2019/2020: 131 corsi complessivi, di cui soltanto 3 dedicati alla qualifica di muratore (operatore edile alle strutture): alla Scuola edile di Bertinoro (FC), Parma e Bologna.

Di fronte a queste aride cifre, ci dobbiamo chiedere se si tratti di un problema di offerta formativa (pochi corsi e non esattamente strutturati come richiederebbe la formazione di un posatore), o non piuttosto di domanda formativa: sembrerebbe che quasi nessuno si avvicini più a questa importante e interessante attività artigianale. Per contrastare questa “crisi di vocazione”, si devono prendere in considerazione due diverse e complementari linee di azione, che richiedono entrambe il concorso di soggetti economici e istituzionali autorevoli e interessati.

  1. Confrontarsi con la politica e la pubblica amministrazione per aggiungere una 26.a qualifica professionale (posatore), ovvero modificare/adattare/integrare l’esistente qualifica di operatore edile alle strutture per “piegarla” alle nostre esigenze (dove la “Finitura” prevale sulla “Struttura”).
  2. Impegnarsi in una profonda e capillare opera di orientamento con i giovani e le famiglie per far rinascere una domanda formativa specifica. Si dovrebbero realizzare strumenti multimediali e accattivanti, da usare per un’eventuale campagna di promozione e sostegno dell’istruzione e formazione professionale (comunicazione sui social network, incontri di orientamento, open day presso le scuole edili eccetera).

I giovani che realizzeranno questi percorsi formativi saranno i posatori di domani.