Noi, imprenditori al centro di una sfida

Luca Berardo

Anche se decidere di fondare e dirigere oggi delle aziende in Italia sia una grande fonte di ansia e di difficoltà a causa del fatto che ogni cosa sia incredibilmente complicata, ogni imprenditore italiano nutre un profondo sentimento di responsabilità nei confronti del proprio paese.

Chiunque oggi si sia trovato davanti alla scelta di investire, produrre ed esportare dall’Italia ha provato questa sensazione che è stata poi sicuramente condivisa con tutto il sistema che, grande o piccolo che sia, gira attorno ad ogni imprenditore.

Certo le tempeste, ogni tanto completamente incomprensibili, alle quali i mercati finanziari ci hanno abituati, ci hanno spesso lasciati basiti e fatti sicuramente sentire profondamente soli oltre che non supportati da quella comunità allargata che è alla base dello sviluppo di ogni attività economica.

E tutto ciò è valido soprattutto in un paese come l’Italia nel quale la comunità economica costruita con gli altri partner internazionali è stata troppevolte indicata come la causa di tutti i mali dimenticando, con estrema leggerezza e superficialità, il fatto che proprio grazie a questa comunità le imprese italiane da decenni a questa parte sono riuscite ad infrangere record commerciali un tempo quasi inavvicinabili e a generare continue innovazioni di processo e prodotto.

Ritorniamo quindi alla solitudine intellettuale dell’imprenditore quando si trova davanti alle tentazioni anacronistiche di protezionismo commerciale di questo o di quell’altro paese.

La tentazione di un nuovo protezionismo, non importa quale sia il paese che lo voglia attuare, rischia solo di minare quanto di buono abbiano fatto le aziende sui mercati internazionali e mi riferisco soprattutto alle nostre aziende che – con quel coraggio e caparbietà che ci hanno resi famosi nel mondo – hanno saputo affrontare le difficoltà e le barriere culturali e logistiche degli altri paesi ed affermarsi.

Ecco quindi che ogni imprenditore, soprattutto in momenti come questo, dovrebbe abbandonare ogni velleità di individualismo per riuscire a rafforzarsi ulteriormente attraverso l’appartenenza ad una comunità e ad un sistema industriale e commerciale, che lo facciano sentire meno solo e quindi più forte.

Il nostro tessuto imprenditoriale, sia esso industriale e produttivo o commerciale, sta oggi vivendo la fase più delicata della trasformazione da un precedente sistema basato quasi esclusivamente sulla piccola e media impresa ad uno che sarà profondamente ridisegnato per quanto riguarda l’assetto organizzativo e societario delle imprese stesse e quindi ha bisogno che le istituzioni capiscano la sfida e lo supportino in questa metamorfosi.

L’imprenditore e la sua impresa sono quindi al centro di questa sfida che anche i paesi che a lungo hanno immaginato di poter costruire il benessere loro e dei loro cittadini solo sulla generazione immateriale di flussi finanziari si trovano oggi a dover affrontare.

Al di là del giudizio che possiamo avere sulle ultime due amministrazioni americane per esempio, abbiamo visto come le misure di politica industriale prese dai due presidenti abbiano avuto una sorta di obiettivo comune che altro non era che il rafforzamento del loro sistema industriale perché è proprio questo sistema a dare struttura e capacità di ripresa alla società civile.

Questa considerazione vale anche per l’Europa e per il nostro paese nel quale la nuova politica non deve dimenticarsi che ormai i nostri imprenditori identificano come contesto economico – e quindi competitivo – quello europeo anche se nel nostro paese negli ultimi anni si è quasi voluto andare a negarlo.

Con questo non voglio certo affermare che questo sistema debba essere impermeabile a qualunque critica o proposta di miglioramento, ma semplicemente che oggi sia lì che l’imprenditoria italiana giochi la sua più importante partita.