Prove tecniche di selettività

Uno sguardo d’insieme al Progetto lanciato da Sercomated dopo essere stato posto al vaglio dei rivenditori. L’obiettivo è quello di raggiungere una maggiore autorevolezza e credibilità degli operatori attraverso l’utilizzo virtuoso della distribuzione selettiva. Un programma ambizioso e importante che richiede la collaborazione da parte di tutti gli attori della filiera.

 

Il progetto, nasce dall’esigenza di approfondire la tematica di accreditamento dei distributori con i quali impostare cambiamenti nel mercato valorizzando così il ruolo del distributore del futuro ed è stato il tema di un workshop, organizzato lo scorso 8 novembre da Sercomated e Il Commercio Edile e tenutosi presso la sede di tecniche Nuove spa. I lavori, aperti da Giuseppe Nardella, presidente del Gruppo editoriale Tecniche Nuove e moderati da Francesca Malerba,  direttore editoriale de Il Commercio Edile sono stati avviati  come un banco di prova per raccogliere alcune valutazioni sul progetto. Occorreva infatti saggiare il grado di partecipazione o di resistenza all’iniziativa stessa e capire dall’esperienza diretta degli operatori quali effetti essa potrebbe produrre sul mercato. «Il distributore specialista ha qualche chance di vedere un futuro migliore di quello generalista», afferma Paolo Beneggi, presidente di Sercomated. «Occorre trovare un punto intermedio tra distribuzione esclusiva e generalista. Il modello secondo noi più interessante da questo punto di vista è quello delle distribuzione selettiva, nella quale esiste, sì, un numero elevato di rivenditori, ma molto selezionati e quindi in numero assai inferiore a quello di tutti i rivenditori potenziali. La tecnica della distribuzione selettiva è stata strutturata e aggiornata sulla scorta di esempi mutuati da altri settori».

«Si tratta di un concetto non facile per il nostro settore, nel quale gli accordi sono orientati più alla relazione personale e discrezionale», prosegue Mario Verduci, segretario generale Federcomated, nell’esporre le particolari caratteristiche del progetto. «Bisogna dunque introdurre qualche regola in più, che deve essere in qualche modo rispettata, dal momento che l’obiettivo principale è quello di limitare la concorrenza. Le regole servono infatti a evitare che esistano abusi nei confronti dei consumatori. Esiste, infatti, un regolamento Ue che riguarda gli “accordi verticali e le pratiche concordate”. Si tratta di una tipologia di accordo economico che contiene regole giuridiche e vincoli reciproci per evitare la formazione di monopoli che possano danneggiare il mercato e i consumatori finali. Il riferimento normativo della Ue ci aiuta ad arrivare al nostro obiettivo specifico, cioè a un accordo verticale che conduce a una partnership concordata. Quest’accordo avviene sulla base di alcuni requisiti quali la qualità, il servizio, l’immagine e l’assistenza tecnica. L’accordo permette quindi la buona conservazione nel tempo di quei valori “intangibili” che tanto contribuiscono alla creazione del valore. Ebbene questa metodologia di vendita va quindi preservata, protetta e salvaguardata da possibili cadute del “value” del prodotto».

CHE COSA DICE LA NORMATIVA EUROPEA
Ad accrescere l’interesse verso il metodo della distribuzione selettiva c’è un tema di grande attualità, quello introdotto dal Regolamento 305/11 che entrerà in vigore il 1° luglio 2013. La norma europea consentirà la libera circolazione dei prodotti da costruzione, e la figura del distributore diventerà quindi centrale nel garantire la corretta informazione sulle norme tecniche relative ai prodotti da costruzione e sulle giuste prassi di installazione o di posa in opera. «Oggi ci sono fattori legislativi e congiunturali che ci mettono nella miglior condizione per fare un progetto di distribuzione selettiva», dice Francesco Freri, membro della commissione di Sercomated che ha redatto il progetto.  «La Commissione Europea promuove gli accordi verticali nel momento in cui si genera efficienza e trasparenza per il consumatore finale. Inoltre il regolamento Ue 305/2011, negli articoli 14 e 15, riconosce pienamente la figura della distribuzione nella filiera delle costruzioni e lo obbliga implicitamente a evolversi dal momento che, con un mercato in piena crisi, il produttore avrà sempre più la necessità di selezionare i distributori affidabili che sappiano condividere progetti di partnership. Il mercato e il consumatore finale, sottolinea Freri, saranno sempre più orientati verso interlocutori preparati e in grado di garantire informazioni efficaci e sempre all’altezza. Si richiederà quindi, oltre a una maggior trasparenza sui prezzi, anche un aggiornamento continuo e una formazione più attenta degli operatori di questo settore».  «Per una buona implementazione della distribuzione selettiva», gli fa eco Verduci, «è bene sottolineare non solo l’enfasi sul controllo del territorio evitando che vi siano discrasie di servizio, vale a dire differenze inopportune nel prezzo e nella qualità del servizio offerto su territori diversi, ma anche un altro focus importantissimo per il sistema, quello che riguarda la formazione professionale. Solo con l’aggiornamento continuo si potrà costruire una rete di vendita che sia in grado di valorizzare il mercato e l’offerta ai clienti».

UNA TESTIMONIANZA DA PARTE DELL’INDUSTRIA
Tra gli ospiti invitati al workshop c’era anche un rappresentante della produzione che ha voluto esporre l’esperienza vincente della propria azienda, già rodata da questa particolare metodica distributiva. «Abbiamo attivato la distribuzione selettiva in passato e ci guida tuttora, dice Roberto Nava, direttore commerciale di Knauf Italia. Quindici anni fa abbiamo attivato il gruppo di distributori Gold per presidiare meglio il mercato. Per fare questo abbiamo tenuto nella massima considerazione l’affidabilità finanziaria del distributore e la sua visione strategica rispetto al futuro, così come il bacino d’utenza del futuro partner. Oltre a questo sono stati attivati ben quattro centri di formazione sul territorio italiano strutturati per accogliere tutti i vari target della filiera. Contemporaneamente l’azienda ha continuato a seguire la strada dell’innovazione continua dei propri prodotti per consentire ai distributori di proporre sempre qualcosa in grado di distinguerli sul mercato. In questo senso è stata anche migliorata la visibilità del singolo punto vendita, che è stato aiutato nella sua comunicazione. Il tutto è avvenuto garantendo al rivenditore il rispetto del suo ruolo e della sua indipendenza. Ma non è tutto: per stimolare il sistema abbiamo attuato un piano di incentivazione sulla base delle performance di vendita. Ebbene i risultati sono stati molto positivi, dice Nava con soddisfazione. Dapprima sono stati pochi i distributori ammessi a far parte della rete qualificata, dopodiché c’è stato un effetto emulazione con richieste da parte di altri nuovi rivenditori di aderire al programma Gold. Naturalmente le maggiori difficoltà sono state quelle di definire i precisi confini tra selettività ed esclusività. Ma come si può vedere anche oggi, il programma funziona ottimamente e dà ottimi frutti».

IL PROGETTO VISTO DAGLI OPERATORI
Ma sono le opinioni degli operatori a mostrare meglio di qualsiasi altra cosa il consenso o il dissenso nei confronti del Progetto Premium di Sercomated. «Siamo di fronte a una questione di sopravvivenza, sostiene Stefano Colombino, titolare di Icos e presidente di Uniedil. Dove già esiste la selettività le cose vanno bene, ma c’è ancora molta resistenza da parte dei rivenditori e dei distributori. C’è infatti un gioco inevitabile di opportunismo reciproco. Non credo, ad esempio, che le commodity del settore, tradizionalmente laterizi e cementi, potrebbero mantenere a lungo questa metodica di vendita».

Stesse perplessità anche per Giulio Delfino di titolare di Cresta e Delfino nell’esporre i rapporti non sempre semplici tra produzione e distribuzione: «A volte la relazione è davvero virtuosa. Più spesso si assiste invece a situazioni in cui l’industria, pur avendo già molti distributori in zona, vende anche al nuovo attore del settore danneggiando tutti gli altri e impoverendo quindi il mercato. Per moralizzare il settore occorrerebbe più serietà da parte di entrambe le parti. Gli accordi sono certamente auspicabili, ma chi li controlla? Si tratta di un percorso lungo, nel quale gli ostacoli sono tutti imputabili a problemi di crescita culturale complessiva».

Sull’atteggiamento poco trasparente e a volte bifronte dell’industria anche Paolo Donghi, titolare di Galdini & Donghi esprime molte perplessità: «Ritengo che oggi la maggior parte dei produttori non sia pronta per questo fare percorso verso un rapporto fiduciario e maturo con la propria rete distributiva. È piuttosto evidente che, soprattutto in un clima recessivo come quello che stiamo attraversando, vendono un po’ a tutti, senza distinzione alcuna, e non sono preparati per questo salto culturale. I produttori sono infatti alla ricerca continua di volumi di vendita e provano a vendere un po’ dove gli capita. Difficile immaginare accordi verticali che vengano poi onorati adeguatamente».

«Praticamente si vuole tornare all’esclusiva di 15-20 anni fa, dice perplesso Fulvio Zanetti, amministratore di Feredil. Se andiamo a guardare quello che è successo, si vede che quell’esperienza è poi mutata col passare del tempo fino a quando si è iniziato a fornire piano piano tutti i prodotti a tutti i rivenditori. I distributori sono disposti a fare questa scelta? Oggi abbiamo praticamente tutti gli stessi prodotti nei nostri store. C’è poi in prospettiva un altro tema importante che riguarda la selezione del mercato: quelli piccoli come noi resisteranno alla bufera della crisi o verranno spazzati via? Le perplessità sono molte, rimangono troppi problemi aperti».

ALCUNE CONSIDERAZIONE SU ONESTÀ E TRASPARENZA
Lo stretto legame che si instaura tra rivenditore e produttore nella distribuzione selettiva è oggetto di molti quesiti da parte degli operatori, i quali si domandano quali vincoli essa comporti. In particolare ci si domanda quanto gli accordi verticali modifichino il sistema di relazioni con gli altri fornitori e quali rischi comportino per il business complessivo. «L’idea della distribuzione selettiva è accattivante, dice Luca Berardo, amministratore di Casaoikos e di Casaoikos France, ma restano aperte un paio di questioni importanti, a cominciare dall’atteggiamento degli agenti di vendita. Come reagiscono questi ultimi a restrizioni così vincolanti? E, una volta avviata la ricerca e la scelta finale dei rivenditori, come avviene il processo successivo di emulazione di cui parlava poco fa l’esponente dell’industria? La sensazione è infatti che non si tratti di una vera imitazione virtuosa, ma di un lento e progressivo abbassamento della soglia dei requisiti richiesti. In sostanza, il timore è che alla fine entrano nella rete distributiva anche i rivenditori meno competenti». «L’agente fatica sempre a digerire la cosa, risponde Roberto Nava. Noi abbiamo però una rete di vendita diretta e ci avvaliamo di qualche agente soltanto per ampliare la raccolta di informazioni sui distributori sparsi sul territorio. Per quanto riguarda il successo della nostra iniziativa, certo, siamo stati favoriti dal fatto che il mercato era allora in espansione e questo ci ha aiutato. Ma l’emulazione c’è stata, ed è avvenuta nel momento in cui i rivenditori hanno preferito cambiare atteggiamento, fare più formazione, mutare marchio e contribuire alla selezione. Occorre inoltre ricordare che la selettività uno se la guadagna accreditandosi con fatica ai requisiti richiesti».

Altro punto dolente è poi la trasparenza dell’industria nei confronti della distribuzione: da una lato si chiede ai rivenditori di crescere per creare servizi migliori, avere prospettive di sviluppo, una struttura organizzativa tecnico-commerciale all’altezza e una maggiore limpidezza delle relazioni con fornitori concorrenti; dall’altro però non emerge una pari chiarezza e trasparenza da parte del produttore, libero di orientare la propria scelta in ogni momento, a scapito dei rivenditori che già presidiano il territorio. «Fino a che punto il produttore accompagna il prodotto?, si chiede Michele Felisio, direttore marketing di Gruppo Bea. Manca sempre il dato generale in grado di chiarificare i rapporti di correttezza tra noi e il produttore, che non è non soltanto di sudditanza. Mi hai scelto? Bene, allora voglio sapere chi sono gli altri rivenditori sul mio territorio e quali condizioni hanno. È una semplice questione di trasparenza. Il selezionato, infatti, diventa spesso uno showroom civetta per il produttore, dove il cliente va a vedere un prodotto che poi andrà ad acquistare da un’altra parte a un prezzo migliore. Le regole devono essere precise, oneste e condivise».

CONCLUSIONI PER IL FUTURO
La distribuzione selettiva si basa, ovviamente, sulla selezione dei partner distributivi. Se questi sono validi e raggiungono i requisiti minimi di qualità nel servizio richiesti le cose andranno bene, altrimenti c’è il diniego. Naturalmente, come sottolinea Mario Verduci, «deve trattarsi di prodotti particolari e specialistici, non di semplici commodities come laterizi, cementi e semplici materiali da costruzione». Sono quindi due i parametri di base per il buon avviamento del progetto : un’alta componente di servizio e la specializzazione dell’organizzazione.

«Per raggiungere quest’obiettivo occorre riuscire a creare un mercato dove tutti gli attori abbiano un profitto, dice Paolo Beneggi, mentre oggi non è affatto così. Eppure questo progetto di riqualificazione già esiste in molti altri settori. La voce “dealer” in Italia non si sente mai, mentre all’estero è tenuta nella massima considerazione perché i dealer portano valore nel mercato».

Ma se il problema italiano è quello della evoluzione organizzativa e della crescita culturale, non è certo questo il momento storico migliore per attuare quel processo di maturazione che tanto si auspica. «Non bisogna dimenticare che ci sono aziende già presenti dappertutto che non sarebbero certo avvantaggiate da quest’approccio, dice Gianpiero Abrate, titolare di Mega e amministratore unico del gruppo Cce. Per Knauf è stato più facile: avevano un prodotto vincente e recente, e hanno quindi saltato tutti gli approcci precedenti. Ma le cose non stanno sempre così. C’è sempre una storia distributiva precedente con cui fare i conti e il percorso non è certo in discesa. Insomma, non ci sarà spazio per tutti».

«Bisogna stare attenti perché anche le esperienze del recente passato non hanno portato i frutti sperati, rincara la dose Stefano Colombino. I gruppi e i consorzi non hanno condotto al cambio di marcia che ci attendevamo. Hanno giocato molto sul prezzo, purtroppo, e hanno fatto ben poco altro. Forse stiamo ancora troppo bene, la crisi deve ancora mordere forte. E ad aggravare la situazione ci si è messa anche la grande distribuzione, sempre più aggressiva e pericolosa. Dobbiamo quindi essere tutti più uniti e cercare strategie di risposta a questi nuovi attacchi. Credo che in questo momento cercare di realizzare la distribuzione selettiva sia un po’ utopistico, ma penso anche che sia giusto parlarne per cercare di trovare soluzioni. E il messaggio è ormai molto chiaro per noi distributori, ma soprattutto per i produttori: la multispecializzazione in partnership con il mondo dell’industria può essere la giusta risposta all’aggressività della grande distribuzione».

«Direi che le conclusioni siano oramai tutte sul tavolo, conclude il workshop Paolo Beneggi. Sono tante le riflessioni emerse oggi: innanzitutto il modo di relazionarsi tra noi distributori e che è nuovo e costruttivo. In secondo luogo dobbiamo imparare anche noi a essere più selettivi con i produttori: molti di loro non sono preparati a fare il salto di qualità richiesto, ma continuano a guardare unicamente ai volumi di vendita. Un tema soltanto aperto è poi quello della trasparenza dei rapporti commerciali tra distributori e produttori. Ma anche quello della concorrenza tra distributori è un tema sicuramente dirimente per la sopravvivenza del nostro settore.

1 commento

  1. […] Quello della distribuzione selettiva è stato il tema di un workshop che, organizzato in collaborazione con la rivista “il commercio edile”, ha raccolto e pubblicato nel numero di febbraio le opinioni di alcuni rappresentanti del mondo della distribuzione. Clicca qui per leggere l’articolo e guardare i video del workshop. […]

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